«…vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo.»
(Gv 1, 51)
Ci sembrava fredda e forte la notte. Il tempo si dileguava coi nostri aguzzini nel sopraggiungere delle sfere. O alta simbiosi che ci leghi al Padre, o esaltazione nella sua stessa prevalenza ed esultanza per mezzo della sua parola: il mondo che ti ha rifiutato ha conosciuto la tristezza e il dono, la condizione più detestabile e l’amore. Non credevamo, non credevamo ai nostri occhi quando vedemmo rifulgere la tua prediletta tra tutte le stelle, quando ci dissero in Sion che saremmo stati rigenerati nella santa Gerusalemme, tenda prima dei tuoi veri pastori, dei tuoi principi adoratori. Ci sembrava così fredda e forte la notte. Da un capo all’alto del cielo il coro dei tuoi angeli mantenne spalancata la volta e lo stellato primordiale finalmente ci apparve visibile, quasi ci sembrava di poggiare le nostre mani nel mare reso blu da un’atmosfera diversa, dove lo stupore dei fanciulli la nostra infanzia rinata incarnava. Fu così che comprendemmo, quando vedemmo i cieli aprirsi e il discendere e l’ascendere degli angeli di Dio sopra il Figlio dell’uomo, che ad alternarsi nel nostro petto era una tempesta di fede e, adagio, una trasfusione di quiete. La rugiada fibrillava sulle nostre labbra e si adempì l’Aurora.
(25/12/2020)