«Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»
(Mc 7, 37)
Il cielo era immerso nel suo cuore.
Mi guardò, passando tra Tiro e Sidone, e subito compresi che sarei stato ammonito da quel suo sentimento, così diverso, da far tremare quelle poche e misere certezze che credevo di avere nel mio nonostante tutto. Sì, perché la vita m’aveva già tolto, in fondo. E sin da subito.
“Scagiona la parola mancante, te ne prego, dalla mia lingua resa un nodo in queste orecchie che non hanno mai mutato il loro intendere la porzione intera del mio male vero.”
Fu così che, senza udire e senza parlare, appresi, dalla voce che mi stava ammonendo, della mia neonata guarigione. Non una parola io scambiai eppure il suo tono, in quel momento preciso, divenne il mio. Egli fu il mio desiderio, il mio pensiero e il nucleo del mio volere. E quando il suo bacio, denso di compassione, bagnò la mia lingua io divenni l’illacrimato sospeso in quel cielo immerso nel suo cuore. Prima di guardarmi, ancor prima di parlarmi, fui il suo Effatà.
(13/02/2021)