Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv 6, 68)
Si compiacquero delle passioni della vita vicendevolmente consolandosi. Le sue parole, ai loro cuori, sembrarono severe e dure, quasi da farli impallidire per la prospettiva d’un futuro che certo non si sarebbe confatto ai loro desideri e bisogni. E se ne andarono, lasciando un deserto di opere attorno a loro, con quelle parole che ancora tuonavano nelle loro paure e nei loro pensieri. Fu uno dei momenti più drammatici della sua missione. Tutta la creazione dovette gemere in quelle istanze temporanee di gradualità. Sapeva bene che l’ipotesi d’essere lasciato solo, di non avere più operai per la sua prima messe avrebbe distrutto, attraverso l’effusione del suo spirito, la discendenza prolifica del suo manifesto, universale amore. Ma l’opera del Figlio, esplicata nella volontà paterna, non sarebbe mai potuta restare incompiuta. Questo perché noi dovevamo essere salvati, redenti dunque, per mezzo del suo sangue innocente. Quindi, rivolto verso i dodici, chiese se anche loro avrebbero voluto andarsene via, lontano da quelle parole cosi dure da spaventare l’anima, da lasciare atterriti i cuori. Eppure più il discorso si faceva quasi bruciante, più l’inquietudine sembrava ormai avere la meglio anche su di loro, ecco il segno che cambiò la storia della umanità. Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. Nacque così la chiesa, sbocciò a primordio come un prodigio nella sostanza di una missione, e non di una sottomissione, che li avrebbe portato a conoscere la verità tutta intera e per essa avrebbero glorificato quel Dio che avevano imparato ad amare con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutte le loro forze, con l’adempimento pieno della vita. Gli apostoli.
(07/09/2021)