Dovremmo imparare ad ascoltare la voce del nuovo.
Un linguaggio diverso, prestabilito all’inizio del tempo, quando erano gli angeli ad affermare lo spazio, riempiendolo dei loro cori da dominazioni a dominazioni, intimità rivelate ai semplici. Pochi, oggi, credono alla voce generata dal cuore. Eppure, quelle fluide unità plasmano il silenzio spezzato dal rimbombo delle parole antiche laddove non occorreva, ai più, dover attingere alla fonte dell’amore per poter ascoltare. Ci accalchiamo, come un’inferocita massa, tra popoli senza nessuna dignità, persi nel collettivo disfacimento dei valori non solo umani, e rendiamo il nostro plauso alla perversione. Forse dovremmo accettare che, dal sovrastante dolore, solo l’alveo della luce ci dona fede e ci restituisce alla redenzione.
(11/01/2021)