Il mio volere si dimena e rotea come un germoglio, appena spuntato, nelle clamorose doglie di una partoriente. Il suo ventre appartiene all’incarnazione della giustizia nella vigna mia diletta ove l’acino è maturo. La trebbiatura condurrà la sete di molti verso i campi della fedeltà e della speranza. Io stesso sarò il pastore di ogni gregge. Come capri senza una direzione lascerò privi di una guida coloro che hanno vissuto la propria esistenza nel benessere e nella sazietà per le loro malefatte, per la loro condotta omicida, per l’oppressione reiterata verso i popoli di ogni razza, fede e nazione. I loro capi diverranno come asini e cavalli, potranno guardare solo innanzi ove, ad attenderli, vi sarà il dirupo della mandria immensa dei porci. Quel giorno mi chiederanno salvezza per i loro figli, ma io renderò loro il coraggio affinché vedano e credano quel che mai hanno voluto credere e vedere. Le loro piaghe non saranno fasciate ma, anzi, saranno tane di topi ove il tarlo mai morirà. Il gelo buio carierà i loro denti dorati, perfetti, in un luogo adatto alla lebbra dell’anima, e al fuoco che devasterà le loro carni non permetterò più estinzione. Intanto, alla mia destra, tutte le pecore e gli agnelli che da sempre mi hanno atteso, e che hanno considerato la morte da macello degna più di una vita sottomessa al volere violento dei potenti, li prenderò uno ad uno e dopo aver fasciato loro io stesso ogni ferita li caricherò sulle mie spalle e i miei passi diverranno le loro tracce immacolate, così come questa voce che, al pari di un virgulto che si dimena, rotea e non si pente.
(18/01/2022)