O voluttuosa, o ebbra,
hai saggiato dal calice della vergogna il fiele delle malvagità che hai, senz’alcun disgusto, perpetrato nei confronti delle tue sorelle, delle tue amiche, delle tue compagne. Ingorda e compiaciuta hai disvelato, poi, all’impotenza degli idoli che tu stessa hai lasciato fabbricare, la tua nudità, affermando per ogni luogo la tua depravazione e devastando il cuore delle innocenze, delle ingenuità. Hai affermato con violenza la tua sragionata sete di vendetta, opprimendo popoli di ogni specie e abbandonandoti, volontariamente, agli uomini più vigorosi, come una svergognata che si compiace di putride stalle, di fetidi stalloni. Tu hai dimenticato, nel tempo della maturità, il frutto dal quale sei stata generata col seme del mio amore.
Ti ho osservata, il mio lento dolore si è trasformato in troppi rigurgiti di ira e oggi ti mostrerò tutti i documenti che della tua sentenza misureranno il diritto tra le genti, o ripudiata, o vedova. Come una deragliata pascolerai, senza binari, i tuoi pentimenti tra duecento ciechi cinghiali e sette vacche sorde.
Allora mi cercherai, dicendo: perché il mio pastore mi ha lasciata alla mercé delle non mie bestie come una cagna da caccia che ha perduto i suoi tredici anni più intensi, il suo possente fiuto, il suo tempo migliore? Ecco, io faccio di te un’ammonizione per tutti i popoli e per tutte le nazioni. La tua dimora, la tua terra, sarà presto preda dello spettante castigo ed il suo ricavato sarà spartito tra le generazioni che stanno per compiersi a causa della tua tracotante bestemmia, discendenza che nella sua maledizione maledirà il tuo nome,
o indegna, o incestuosa.
(22/01/2022)