Aprile,
stirpe del sangue
che dal mondo dissocia
e alimento mai corroso
di un’anima che tutto rinnova:
io sono chi muore
nel giorno dal volto indifeso,
sguarnito,
per l’arpeggio violento di una spina
che non troverà riparo
nemmeno nella mia pelle trafitta
dalla follia della più buia notte.
Eppure io sono.
Sì, sono nella vastità
di tanti occhi dalla sete insepolta
ove la lacrima ferrea
è seminata su di una stele sospesa
che porta inciso il tuo nome,
il tuo nome irriproducibile
che sta incancrenendo il respiro
di questo tempo profanato e spento,
violato e oltraggiato,
il quale condanna il proprio olocausto
spargendo cenere innocente
sulle sponde illibate di un cielo trasfigurato
nella mia non principiata parola
e nella voce, questa voce,
che già precede ogni mio corpo risorto.
(12/04/2022)