Oh, quanto è amaro
il frutto inaridito del seno tuo
per il quale ancora te ne compiaci,
a destra e a sinistra,
come una puledra
che comincia a vedere
oltre l’intelligenza procuratale
affinché sia compiuto
attraverso di essa
il giudizio severo
che nemmeno attendono gli uomini,
questi popoli
dagli occhi contraffatti nelle incisioni
sempre più volgari
delle deviate nazioni.
Eppure il tuo desiderio
è stato realizzato.
A cuore imbastardito
anche al sole hai cominciato
a lanciare i tuoi sussurri,
le tue avance sono state udite
perfino da chi dimora
nei marini abissi,
quasi dimenticandoti della terra
che con la polvere dei tuoi zoccoli
ancora intrisi di fango
vai offendendo senz’alcun riguardo.
Ed io dovrei avere pietà
dei tuoi gemiti!
Magari fossi stata
completata nella condotta,
neanche integra.
Magari.
Ma tu non hai avuto
che piacere nell’uffizio intenso
della tua prostituzione,
pur di sedurre a mani scalze,
a destra e a sinistra,
perfino i petti dal battito più ingenuo,
rendendo, così,
insipidi e superbi
il dottrinare vano dei loro pensieri,
pus infetto quanto avaro
della umana nettezza della mente.
Nelle balbuzie
della tua spudorata calvizie
nessuno mai ha udito né visto,
nessuno mai ha parlato né saggiato.
Ti sei stabilita
nel territorio delle tenebre affocate
e hai così ragionato:
a destra mi circondano fiumi e laghi,
a sinistra i miei occhi si dilettano
nel mirare colli e mari!
Costruirò la mia ulteriore faccenda
con la sabbia ed il cemento,
aiutata dalla polvere e dall’acqua.
Ma hai errato ancora una volta.
Come quando il deserto era lacrima
che mormorava nella pupilla
dell’occhio tuo meno malato,
io sarò steppa al tuo sguardo mirante,
arida terra
sul tuo palato ancora in fiamme.
Sarò il matrimonio
della carestia e della siccità
negli avvenimenti
delle tue comprovate doglie,
e il ripescaggio fraudolento
dei tuoi bisogni più datati.
Il fenomenale si dimenticherà di te
quando convertirò
ogni elemento malsano in puro.
In quel giorno
la salvezza scaturirà
come un lungo fiotto di misericordia
dalle labbra del cielo
e nemmeno la volontà
che ti mise al mondo ti riscuoterà.
Sarà un momento senza volto,
poiché se volto vi fosse
non succederebbe
a tanta immersiva luminosità.
E olezzerà la parola
dal grembo del mio tempo vivo,
lo stesso tempo
che ti sta visitando
attraverso quella parola
con la quale ti ho costituita
e poi demolita,
amata e infine condannata.
Arrossisca la terra, adesso,
con ogni suo frutto perché, ecco.
Snuderò fiumi e laghi,
colli e mari,
quando vorrò ricucire
le incisioni degli uomini,
vergogna dei popoli,
sul polline ancora fresco
della velenosa vertigine
che come avariata rugiada
lascerò bere
dai miei capezzoli ubertosi
ad est e ad ovest,
dal settentrione al meridione,
nazione dopo nazione.
(28/07/2022)