Nelle decadenze sformate del rigido e dell’immobile chiamai a collocazioni di fissità l’aggarbata novità dei lutti e delle sue rovine. Oh, palato che ti rinverti a ventre nell’equinozio sintetico del grembo suscitante antinomie di sentimentali elemosine del mio uguale non essere! In me vissero tutte le mancate gravidanze del passivismo umano reso ancor più floreo dal disgusto scongelato per la vita. Fui così il generato di una mia ingenerata generazione per la protrudente parola, comunione trascesa dell’attuale nel suo ricomposto avvenire.
(05/11/2022)