Non tacerò il mio amore al mio amore
né il tuo disprezzo per la città della visione
lascerò immerso in me,
mio Dio e mio Signore.
Cos’hai più in comune con l’innamorata,
o tu che ti ritieni da sempre l’amata,
quando passi i tuoi amanti
uno dietro l’altro a fil di spada
dopo esser stata
da ognuno di questi posseduta
per quello che in fondo da sempre sei,
o regina delle maliarde,
adultera senza neppur avere un marito,
un compagno,
se non quella lama
che ti nasce nel petto
per trafiggere coloro
che vorrebbero scendere
nei tuoi accampamenti
per violare ciò che è non violabile,
ovvero l’innocenza?
I tuoi figli sono stanchi delle offese,
sono esacerbati dalla tua tracotanza,
sono prosternati
per la tua condotta iniqua e perversa.
E i morti profanati per le campagne
più non si contano,
né fanno più scalpore:
la notizia è altra e l’ora ultima è altrove.
Ecco, dice il Signore Dio.
Io sto per suscitare il mio spirito
nelle valli amareggiate
per lo sparso sangue virgineo.
Non si farà attendere, no.
Non verrà meno
nel cuore di chi mi ama
e non si abbatterà
perché sarò io stesso a renderlo forte,
a tenerlo saldo
ovunque dovrà portare a compimento
la mia volontà.
I vivi che si credono vivi,
i forti che si credono forti,
i furbi che si credono furbi,
e i ladri che mi girano le spalle
allo stesso modo
dei più volgari assassini,
idolatri,
corrotti,
ebbene costoro e tanti altri
si stupiranno nei miei occhi
e non avranno modo di chiedere pietà.
Il tempo m’è testimone.
La stagione non è terminata che,
ecco. Ne creo di passate e di nuove.
Come un vento che nessuno sa
donde viene e dove andrà
così sarà del mio spirito,
della mia parola, del mio eletto.
Certo,
voi che continuate a possedere
la prostituta del palazzo
come fosse la maliarda
dell’unico paese restante,
non ascolterete neanche una
delle mie condanne,
tanto l’abbaglio per i vostri sensi,
tanto l’interesse per le vostre tasche,
tanto l’orgoglio e il desiderio di potere,
di potere.
Ma guai. Guai a tutti voi,
o sterminati da colei
che si crede l’innamorata,
che crede di avere tratti
e addirittura il sentimento dell’amata,
poiché lei non è altro che un amo avvelenato,
uno stoppino già smorto
in una caldaia i cui tubi
finiscono per le campagne
della mia vigna matura,
al calare dell’albore senza ritorno.
Ecco,
io ho in mano la coppa per voi,
ho tra le dita il rubinetto da aprire
dal quale sgorgherà mosto avariato
per farlo bere a voi,
o miserabile generazione
di stupratori del vero e del bello,
e alla vostra maledetta discendenza.
Tra questo e quel tempo
voi udrete la vostra stessa voce
cantare così:
“mangiamo e beviamo, perché domani moriremo!”,
e resterete stupefatti del vostro digiuno
quando nei miei occhi,
dice Dio, mio Signore,
scorgerete ogni vostra opera dannata
e non avrete parole
per chiedere pietà per voi
e per la vostra discendenza malevola,
poiché la parola vi sarà negata.
Se cercate segni chiedeteli,
e se chiedete segni cercateli.
Chi cerca trova
e a chi domanda sarà dato.
Ma non bussate.
Sareste come quei pastori
che non volendo entrare loro
hanno buttato chiavi e chiavi
pur di non lasciar entrare altri
nel mio giardino.
Stolti.
Non sanno che ho posto la mia chiave
sulla spalla forte della mia parola,
a sigillo del suo compimento,
nella sua esecuzione finale?
Per questi altri
la ricompensa è già pronta.
Per ciò che hanno fatto
e che continuano a fare
lascerò che la mercede mia per loro
in quel giorno mi preceda.
Non tacerò il mio amore al mio amore,
né il tuo disprezzo per la città della visione
lascerò immerso in me.
Perché la bocca tua,
mio Signore e mio Dio,
ha parlato.
(27/03/2023)