Verranno giorni,
e sono questi,
in cui non si parlerà più
per espressioni del dire
e non si agirà più
con modi di fare.
Gli uomini giureranno
su loro stessi
perché si riterranno
di gran lunga
superiori alle creature
che abitano i cieli.
Saranno così accecati
dalla loro superbia
che crederanno
di rendere culto ai potenti
facendo del male ai giusti,
mal visti dai sovrani
di questo secolo
come per ogni epoca.
Il Signore che tutto scruta
e che conosce
i pensieri degli uomini,
ben prima che questi
mettano in pratica
le loro opere
sempre peggiori,
osserva dal suo trono,
dov’è assiso sopra i cherubini,
la ferita incurabile
del popolo ribelle,
generazione ostinata
e ancor più empia.
Dalle sue narici
egli comanda i venti
e questi si formano
e si moltiplicano.
Senza forma,
invisibili,
portano a termine
ogni missione
loro affidata
senza scrupolo alcuno
poiché diretti dall’ira
di chi li ha generati.
Comanda con i suoi occhi
la pioggia, la grandine, la neve,
e le nuvole si distendono
ostruendosi a vicenda
pur di eccellere
dinanzi al loro creatore
nell’impresa loro affidata.
Chi può conoscere
l’esatta dimensione del lampo,
l’impeto del tuono?
Chi sa dove nasce
e dove termina
l’energia della folgore
e chi può stabilirne il tempo e il peso,
l’età e la destinazione?
L’uomo giura su sé stesso e,
confidando sui suoi simili
oltre che sul suo nome,
gonfio di superbia
è sempre più simile
alle bestie che periscono:
non comprende.
Egli non comprende
che la sua condotta
è la sua condanna
dacché
invece di cercare redenzione
disconosce l’opera unica della salvezza,
la luce degli uomini
discesa sulla terra
per salvare giustappunto il mondo
e, certo, non per condannarlo.
Verranno giorni,
e sono questi,
dice il Signore Dio,
che ogni regno
cadrà sul suo stesso regno
poiché ognuno di essi
inciamperà sulla pietra
lanciata vilmente
tra le tenebre
contro il giusto
e si sfracellerà.
Il laccio gettato ad infamia
tornerà come un bumerang
sui polpacci dell’omicida
e l’assassino leccherà la fossa
che ha scavato
per la sua vittima innocente
prima di rovinarci dentro.
Ecco. Io ho inteso
il linguaggio dell’uomo
che a manipolata scienza non cambia,
anzi.
Distruggerò il suo intento,
distruggerò la sua anima
che lui crede chiamarsi nazione.
Non avrò riguardo alcuno
della sua stirpe
poiché egli
nessun riguardo ha usato
verso la mia,
nei miei confronti dunque.
Egli negando la luce
e operando nelle tenebre
dimostra la sua impotenza.
La sua superbia
lo ha reso talmente cieco
che non fa altro
che inciampare nei suoi errori,
rabbuiato d’intelletto.
Difatti è divenuto
come gli animali che muoiono:
non capisce.
Chi mai
ha potuto comprendere
la realtà superiore
di un arcobaleno?
C’è qualcuno
che può definirne altezza, peso,
dimensione, coordinate,
età, tempi di generazione?
Eppure io stabilirò
la mia alleanza con un resto,
con un resto del mio popolo
e, come mercede,
dopo la demolizione, la distruzione,
i miei eletti
vedranno il mio volto senza morire,
i miei eletti conosceranno la mia voce
senza provare alcun timore,
i miei eletti guarderanno
le carogne distese
sul mare di plastica
e senza calpestarle
andranno verso la terra
che ho loro da sempre promesso,
oltre ogni male.
Io giuro sul mio nome
che se qualcuno cesserà
con la sua condotta malvagia
e verrà alla luce
per credere alla luce degli uomini
senza più confidare in essi
ma in me soltanto,
giuro che computerò quell’uomo
tra i giusti e sarà salvo.
Verranno giorni,
e sono questi,
in cui non si parlerà più
per espressioni del dire
e non si agirà più
con modi di fare
poiché io stesso
mescolerò le parole alle opere
ed i pensieri degli uomini
saranno preda delle creature
che abitano i cieli
per un periodo
che sarà abbreviato
per la salvaguardia di ogni eletto.
In questo tempo
non si dirà più
di quel tempo
così come in quel tempo
non si operava come in questo.
Io scinderò il tempo
ed in esso
il mistero dell’unica sostanza
dimorerà in tre persone uguali e diverse
nella comunione di chi è andato,
va e andrà,
per le alte montagne
con i suoi passi baciati da me, da noi,
per le apocalissi terse nel sangue.
(05/06/2023)