L’inganno di sentirci soli,
privi di estraneità,
di mondi dietro ad altri mondi,
non può raggiungere
il suo scopo
perché la messe di quest’oggi
ha fatto sì
che il mare si gonfiasse
del nostro procreante fiato.
E noi
che siamo
le sue introvabili boe
ne abbiamo ingoiato
tutte le acque
fino a perdere
le tracce nostre
mescolate nell’atlantica ressa
degli orizzonti verticali,
lì dove innocenti volti
dicono addio
al loro ultimo bacio
per lasciarlo libero
di partorirne altri
e altri ancora.
Afflato dentro afflato,
come in un’apnea di emozioni
tutte da liquefare
per resistere al gioco
mai concluso
delle nostre stesse traiettorie,
della digradante meridiana
regalmente da annullare.
E l’universo
del sorriso tuo che fiorisce,
che sboccia
da un infinito attimo
il quale trae da esso
e linfa e nutrimento,
diviene nostra parabola d’amore
sull’immarcescibile petto
di un vivere superno,
e del tempo
che suole brillare
nelle nostre anime
implosione armoniosa,
desiderio appagato
e custodito presagio.
Oh, eterea mediazione!
Se il silenzio dei mondi
le tenebre ottundono
è la voce amata,
quale autorevole presenza,
che s’infervorisce entro noi
quando si ammanta la stagione
di biondeggianti labbra
che unite svettano
tra i cieli a cascata.
Come la mietitura postuma
del più bel pascolo dell’alba.
(29/07/2023)