“Lungo il cammino si disseta al torrente e solleva alta la testa.”
(Sal 110, 7)
Oggi, nell’undicesimo giorno del decimo mese dell’anno duemila ventitré, tornando l’ombra del sole indietro di dieci gradi nella meridiana dei miei occhi, la parola del Signore è scesa su di me. Una parola già compiuta e nel contempo sbocciante. Abbiatene timore, siate saggi e accoglietela, popolo tutto di Dio.
Così dice il Signore degli Eserciti, Padre dell’intera umanità:
Nella valle del massacro
ho teso un laccio ai massacratori.
Piangi, figlia di Gerusalemme.
Il tuo grido di dolore
non può temere antagonisti
poiché la tua bocca
proclama il mio atto di ripudio,
la mia totale lontananza dal paese,
dal popolo.
Ho allevato una perla
che ha poi prosciugato il mare.
E in quel mare
emergevano corone di luci
nel più fitto teatro naturale di colori.
La perla è stata indossata
e svalutata.
È stata così svalutata
da divenire concime per le piante,
cibo per i porci.
Il popolo
che ha dimenticato il mio amore
ha gettato la sua lingua,
attaccata al mio nome,
nel mare prosciugato.
Il paese
che io ho liberato dalla schiavitù
si è votato al male
divenendo di esso schiavo.
Cosa dovrei fare adesso
della mia proprietà?
Di certo non la darò
a nessun altro.
Merita, forse, una creatura
di farsi definire
e di diventare schiava?
Ecco.
Io preparerò un grande banchetto,
inviterò a questo lauto convitto
il popolo
che mi ha voltato spalle e cranio.
Il paese mangerà il suo sangue
e berrà la sua carne.
Come un tempo
passai di casa in casa,
alla vigilia della mia prima Pasqua,
così oggi,
ad infranta alleanza, passerò:
non avrò pietà
dinanzi a tanto orrore
e per questo scempio
io stesso stenderò la destra
per lo sterminio.
Piangi, figlia di Gerusalemme.
Al lavacro quotidiano
aggiungi ancor questo:
il sangue che ora scorre
tra le mie mani
è il frutto del mio seme;
il sangue che nessuno asciuga
da quest’ora
sgorga dalla vertebra dell’innocenza.
Come è vero che il mio nome
non sarà mai staccato
dalle lingue
che hanno dimenticato
il mio amore
io farò della valle del massacro
un torrente
e dei massacratori
un pugno d’insetti.
Quel giorno
io mi disseterò al torrente
prima di calpestare
con la feccia degli insetti
quella perla.
Poi lascerò che i miei piedi
seguano la tua traiettoria,
stella di Sion,
verso le colonne di luci
che per te alzerò,
presso il mare
dalle mille corone di rose vermiglie,
affinché dalla mia parola
esca un eterno bacio,
mia ultima Pasqua,
dal quale emergeranno,
uno dopo l’altro,
tutti i figli tuoi
che credevi ormai morti,
dispersi.
Ho svezzato
una bestia da soma ieri
e domani
un pugno d’insetti la divorerà.
Questo avverrà
dinanzi agli occhi di molti
i quali periranno,
codardi e traditori,
per l’imponente meraviglia.
Degna di fede è la mia parola.
E tra lo stolto che non crede
ed il saggio che l’accoglie
e che la teme
l’ho già compiuta.
(11/10/2023)