Siamo alla nostra
terminata vigilia
di ci sarà nuovo
un domani.
A questo disastro
che colpevolizza gli ultimi,
annullandoli,
daremo nomi
in pasto agli innocenti,
agli affamati.
Non contenderemo parole
con i mercanti di terrore,
di catastrofi.
Lasceremo le tenebre strisciare
nella bava delle lumache
con i dispiaceri
di chi in viso annotta
nei lacci della morte
preparati con nefanda dovizia
dai suoi medesimi artifici.
Io laverò le mie labbra
nel bacio del tuo sangue
ultimato dal polline
che riduce i venti,
dal nettare
che non avvince il mandorlo,
e perfino la steppa
muoverà i suoi timidi bocci
verso le vette dello splendore
quando in te
si manifesterà la gloria
che innamorati ci rende
nella vita che ci previene,
esatti come una nazione
che muore e nasce dentro l’altra,
a reinventata terra
sotto gli sciolti e inazzurrati cieli.
Uniti nella sorgente dell’esistenza
saremo un solo respiro,
in quel tempo definito
in principio dal principio,
e l’elevarci nostro
sarà silenzioso e trionfante.
Più del passo
dei quattro esseri viventi.
E più del coro
dei troni e degli angeli.
(12/12/2023)