“Quello che ha lasciato la cavalletta l’ha divorato la locusta;
quello che ha lasciato la locusta l’ha divorato il bruco;
quello che ha lasciato il bruco l’ha divorato il grillo.”
(Gl 1, 4)
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Nel secondo mese, il tredici del mese, del ventiquattresimo anno della duemillesima età, la parola del Signore è scesa su di me, in questi termini:
Di che lacerarsi?
Perché non avete abbassato il capo,
lo sguardo,
davanti al Signore degli Eserciti,
l’Onnipotente,
e compiendo scempi e abomini
tra popoli e nazioni
avete provocato la sua ira tremenda
anticipando, così,
il giorno della sua venuta
in tutti i suoi profetizzati accadimenti.
Fu detto anche di non uccidere.
Ecco. Il laccio è teso,
la pietra è lanciata, la rete è alta
e nella valle del giudizio tutto arde,
dal torrente Cedron
fino al deserto del Paran.
Le cime durature,
verdeggianti,
millenarie,
sono come stoppia
pronta per alimentare
la caduta di molte stelle.
Oh, la notte!
Quale libro
sconvolto dai turbamenti
delle più innocenti lacrime.
L’alba non giunge
alla matrice del giorno,
manca la forza
e finanche la volontà.
Il clamore
masticato dalle stesse tenebre
ne provoca la sospensione del respiro,
come un feto ancora vivo
che si contorce
per il distacco della placenta.
Nel secondo mese, il giorno decimoquarto del mese del ventiquattresimo anno della duemillesima età, al giorno primo di penitenza, supplica e conversione per una storia già scritta, la parola del Signore è scesa su di me, al quarantanovesimo anno, in questi termini:
Eri tu sua madre!
Io ti renderò puerpera mancata,
lascerò nei tuoi occhi,
ancora increduli,
l’allucinazione più desolante
per la devastazione abnorme
che hai compiuto
entro tutti i miei ubertosi pascoli.
Eppure ti diedi un nome,
ti posi
nel mio splendido giardino
e di lì a poco ti diedi un popolo
e divenisti per me più di un nome,
più di un popolo.
L’amore.
L’amore con il quale
io ti ho dato vita
tu lo hai stramazzato al suolo,
un suolo avvelenato
dalla crudeltà e dal tradimento,
in mancata simbiosi con la sostanza
nella quale ti ho generata.
Non ti ricorderò delle mie carezze,
delle mie accortezze,
della tua condizione servile.
Ah, se ti circoncidessi l’anima,
il cuore,
se per me ti lacerassi i vestiti
del tuo altezzoso sguardo
e ti umilieresti soltanto per il nome
che feci conoscere ai tuoi padri!
Forse le tenebre non si dissiperebbero,
io che mondi creo,
e ciclicità, e stagioni?
Ma tu non sei più madre.
Non hai sentimento da vivere,
da donare:
soltanto morte offri,
e lo fai con strumenti di guerra
e con prostituita violenza.
Per questo io ti mostrerò,
nel delirio che stai provocando
nella mente di tanti, troppi uomini,
quale sarà il tuo destino:
scendendo per la valle del giudizio
anche il monte Teman
abbrividerà per ogni mio passo,
così come si srotoleranno i mari
e si scombussolerà tutta la terra
quando la mia giustizia
guizzerà da oriente ad occidente
con la velocità insuperata
della folgore.
Sarai maledetta da tutti i popoli,
partendo proprio dai tuoi.
E siccome hai anticipato il mio giorno
e la mia parola,
di te non avrò pietà
nemmeno per il nome
che ti lasciai indossare,
quando l’amore era in amore,
e la tua infamia sarà ricordata
per sempre,
in generazioni costanti,
poiché il tuo verme,
nonostante fungerà da esca
per chi avrà dimostrato
condotte simili alle tue
e sarà preda
del mio intero firmamento,
arderà per sempre sulla più miserabile
delle zolle degli inferi
e non smetterà mai di insultare te stessa,
la madre che più non sei,
e la puerpera mancata.
Per ciò che concerne l’alba,
saranno le mie milizie celesti
a darle forza e volontà
affinché il suo respiro
torni a ravvivare la luce di una terra
che io stesso avrò reso
nuovamente informe e deserta,
priva di qualsiasi forma di esistenza
e a inimmaginati cieli
avrà luogo la mia nuova creatura,
Gerusalemme,
azzurrità di pace e luogo eletto dell’Eterno.
Ascoltate adesso, siate saggi, aprite l’orecchio anziani e giovani insieme, poiché così dice il Signore degli eserciti, il cui nome è Terribile tra le nazioni:
Ecco. Il laccio è teso,
la pietra è lanciata, la rete è alta
e nella valle del giudizio tutto arde,
dal torrente Cedron
fino al deserto del Paran.
Le cime durature,
verdeggianti,
millenarie,
sono come stoppia
pronta per alimentare
la caduta di molte stelle.
Dunque,
non spargete polvere di astri
sui vostri giacigli,
dice l’Altissimo.
Umiliatevi davanti a me,
senza dare le spalle al cielo,
tenendo lo sguardo fisso
sulla nuda terra
e aspergendovi l’uno con l’altro
con la splendente fiaccola della carità,
della fede e della speranza,
nella prosecuzione escatologica
della vostra medesima cenere.
(14/02/2024)