Le dinamiche illusorie che sottendono le malformate attese dei trasfigurati nuovi giorni non s’intervallano né con indagini espiatorie dal coeso istante migratorio né con istanze ispettive di nuclei riservati adiacenti la chiara vertigine sussultoria che brillerebbe monti, acque, intere città. Ciò che l’ipocrisia ha lasciato anche oggi sui tavoli della paura e dell’illecito lo ingurgiteranno tutte quelle greggi guidate dai mercenari del diritto e dai più sudici macellai verso la transumanza planetaria del riservista domani.
E adesso cosa
o chi potrà compenetrare se stesso
in quella doglia di madre
che piange per il suo primogenito
e come stanziata nazione,
tra smisurate nazioni,
si prepara alla pratica del lutto
per l’aborto mancato,
ragione che ottunde perfino
la precisa scienza iconografica dei popoli,
con la rappresaglia assoluta del magma
che assorbe ogni umana giustizia
sulle bianche macerie
dell’inventario primaverile,
la morte o la consolazione?
Venti febbraio del duemila ventiquattro, prima ora antimeridiana: nessuno canta e nessuno balla tra i cortei delle urne del vento, a diecimila passi e qualche atmosfera da un’intercettata mandria di mare munta per intera dall’oculare silenzio del cielo.
(20/02/2024)