A quella Umanità che risiedere in pace vorrebbe coll’amore dell’Onnipotente: per essa chiedo fede e benedizione nella carità propria che, unica, appartiene alla misericordia di Cristo.
Il Verbo di Dio ha deciso di dimorare tra noi e venendo ha preferito farsi uomo, come noi. Poteva scegliersi una diversa personificazione ma in vista della sua passione e morte, alle quali si consegnò volutamente per la nostra redenzione, si degnò di attribuirsi il titolo puranche di figlio dell’uomo, lui che con la sua resurrezione, principe della vita, a sconfitta morte, ha vinto il mondo. Fratelli miei, sorelle mie, madri. Vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto per discernerne il significato. Il mondo vinto dal Cristo, in prefigurazione temporale, è il male posseduto da Satana, ed è anche un mondo umano. Visto che il principe di questo mondo nulla può contro il Cristo, ebbene costui va ottenebrando i cieli sopra tutte le nazioni e va squilibrando la pace fra ogni popolo. Egli lo fa seducendo aspramente gli esseri umani, i quali possono ritenersi non vinti né sedotti ma adepti e figli dello stesso diavolo se cedono alle sue vergognose lusinghe pur di ottenere il cosiddetto mondo e, dei reietti dal Signore, il cosiddetto vanto sul quale porre diversi sigilli tra i quali spiccano fame di successo e sete di potere. Satana non possederebbe alcun potere se non gli fosse stato conferito dall’alto. E l’uomo crede, nella sua follia vanagloriosa, di possedere potere per merito delle sue opere. Stoltezza senza limiti, in quanto l’essere umano deve il suo potere a volontà che esulano sul comportamento stesso dell’uomo e Iddio si compiace di mostrare al mondo che l’uomo, per l’appunto, è come un fiore di campo che presto avvizzisce coll’avvicinarsi del sole del mezzogiorno e che, ovvero, se Egli vuole, è un soffio che va e che mai più ritorna. Se il Signore non fosse con noi, potremmo perfino eleggere il nostro respiro a capo della nostra esistenza. Ma sarebbe veramente tutto vano. Abbiamo peccato. Chi d’altronde non ne commette? Non restiamo immondi, tuttavia, a lacerarci ancor di più tra le scorie dei nostri errori e delle nostre empietà. Abbiamo un Paraclito presso Dio che è in terra il nostro Avvocato, il nostro difensore, ed è puranche nei momenti di sofferenza, di lotta, di conflitto, di angoscia, di dolore, di disperazione, il nostro più Alto Consolatore. Gettiamoci tra le braccia paterne di Dio che è Padre anzitutto e Signore. Confidiamo nella sua infinita misericordia tendendo ad essere noi stessi misericordiosi e giusti come Egli, il Santo dei Santi, è giusto. E se un nostro fratello è nel bisogno non manchiamo verso di lui con l’aiuto che necessita e nel momento che a noi sembra più favorevole e anche in quello che a noi sembra meno consono eleviamo l’anima nostra con canti spirituali, esortazioni, inni, salmi. E chi non può farlo almeno preghi. Tutto sempre per dar lode a Dio. Non sarà mai abbastanza. Nell’amarlo sforzatevi di lodarlo sempre di più: ne sopravanza sempre. Chiunque, messo da parte il mondo, dimentico del male, a cuore inviolato e prigioniero favoloso di Cristo, salverà un fratello o una sorella in questa vita sarà luce per il mondo a venire e, come dice l’apostolo a riguardo, “coprirà una moltitudine di peccati”.
Fratelli miei, sorelle mie, madri, abbondi su di voi la benedizione del Signore nostro, Gesù Cristo, suprema fonte di salvezza e battistero d’ogni pace.
(03/05/2024)