“Mi stendo e poi m’espando
steso nell’espanso
che stenta e in te s’estende.
E ovunque stando splendi
che splende ovunque stando.”
Il tempo, dunque. Questo pensiero parlante nel suo divenuto divenire in astrazioni escatologiche afferenti all’intimo ed esclusivo rapporto con l’insostenibile, con l’immanente, fenomenizzando ciò che mai muta nella indecifrabile condizione d’essere. Percepito, quindi, e sin dal suo albore asceso verso i limitari aurei che aspergono semi di cieli tra le neonate atmosfere. E stabilito, prima dell’origine, in funzione della natività umana, per la quale esso anche avviene, in un moto di spazi progressivi e di luce costante: si dinamizza in sé tra particella e formula, tra cellula e risultato, affinché la sua rivoluzione compia l’incomprensibile parola pensante. Dunque, il tempo. Questa ineguagliata parabola.
(29/10/2024)