Nel decimosesto giorno del mese primo, al venticinquesimo anno della duemillesima età, anno di grazia in Cristo Gesù, quando il sole avvizzisce i fiori dei campi, rendendoli come dei candidi ricordi perfino per la già disseccata erba, la parola del Signore, l’Altissimo e Onnipotente, è scesa su di me in questi termini:
Questo popolo crede di rendere un culto a Dio ma, in verità, versando sangue innocente, rende testimonianza soltanto alle proprie nefande opere. Gli uomini che lo governano dicono e non fanno, insegnando precetti di morte e divenendo in se stessi dottrina di desolante terrore. Essi, con autoritaria empietà e scellerato potere, hanno consumato perfino l’aria che andrebbe riservata ai non ancora nati, conducendo l’umanità verso le sabbie mobili del baratro più profondo, essendo ciechi e non sapendo guidare sulla corretta via nemmeno essi stessi. Sono diventati un’offesa costante verso le creature, il creato, una bestemmia totale alla vita e al mio nome. Cancellando il diritto ad esistere d’intere generazioni e di popoli e popoli, essi non altro fanno che sporcarsi nel fango della colpevolezza, sguazzando intorno ed attorno al loro stesso vomito. Dei loro spergiuri, omicidi, delle loro frodi, delle loro guerre, delle loro vittorie e sconfitte, delle loro vendette, di tutto il loro vile, ipocrita orgoglio, sono orribilmente gonfi. Tra di loro parlano labbra sulle labbra, con la lingua sempre abbracciata a sovrana menzogna. Anche se a me si presentassero l’innocenza e la carità, implorandomi per questa generazione sì perversa e malvagia, io non presterei loro ascolto. Dinanzi a una completa conversione dei loro cuori volgerei altrove e spalle e occhi. Sono lontani da me. Oracolo del Signore. Ribelli, come lo è il padre loro, il quale sin da principio lo fu. Eppure ascolteranno queste mie parole. Che lo vogliono o no, accetteranno che il Signore è presente più dello stesso presente in mezzo ad essi, nella storia, giacché non smette di operare segni e portenti tra i popoli stessi e le loro nazioni. Devastanti ostilità: questa è l’esatta pronuncia dell’orizzonte che sta per bussare alle porte di quelle stesse nazioni. Che lo vogliono o no, ammetteranno che l’Altissimo mai smette di inviare nella sua vigna i suoi servi, perfino i suoi figli, pur di salvare il suo raccolto. Oracolo del Signore.
Figlio dell’uomo, ascolta mansueto e ingoia queste mie parole. Va incontro ad esse, mangiandole con avidità e amore. Ti sembreranno amare, amare come lo è il fiele. Non temere. Io sarò con te respiro nel respiro, bocca a bocca ti parlerò, e non mi lascerò cercare da te perché sono io che ti ho chiamato. Io, che nel seno materno ti ho plasmato nel mio nome, chiamandoti come il mio nome vuole. Ecco. Dopo esserti lavato nei fiumi di acqua viva con la mia rugiada immacolata, tra i monti e i colli, tra le steppe e i burroni, quando la polvere della terra si attaccherà sotto la pianta dei tuoi piedi, tu dirai, senza badare alle serpi e agli scorpioni,
così parla il Signore:
Voi, gente mendace, spietati aggressori delle altrui integrità fisiche, psichiche, morali, e avamposto verbale fasullo divenuto, nella sua storica disintegrazione civile-diplomatica, saccheggio territoriale di un oltraggio incustodito che mai conosce requie, proseguirete nella vostra opera di complicità e di collusione. Bevendo alla coppa scarna delle fragili conquiste, dei contentini da frontiera, proverete disgusto per la reiterata assenza del sapore inviolabile di ogni vita, e otterrete consensi e onori da quei vostri simili che, pur non posando le loro labbra vili su quella medesima coppa, faranno lievitare l’ebbrezza malvagia e funesta che manifesterete con ancora più sdegno e scalpore, come grasso che cola dalla fornace, e approvando così, di fatto, quella follia invasiva detenuta nel potere che, di paese in paese, tra palazzi e palazzi, va contagiando il mondo, il quale agonizza, oramai, sulla sua putrida lettiga nei corridoi della non ripresa, lì dove pare ovvio non esserci più alcuna via d’uscita e, dunque, più nessuno scampo. Eppure l’egemonia del pacifico pensiero nel mutuo amore crescerà come un virgulto dalle profonde radici e, nonostante le sue sbalordenti doglie, giammai potrà essere interrotta, recisa. Questo accadrà perché piantata su di un terreno che non può appartenere ai morti, i morti nel sentimento puro e nello spirito, i quali fanno del loro rantolo da travaglio, primo e definitivo, un’unica orgia tra contaminato sangue, all’equinozio delle concupiscenze dell’occhio e della carne, lì, ove anche il sole per costoro retrocede e decede, e abbonda come tenebroso abisso il peccato. Voi avrete ancora sete, e per un altro po’ vi nutrirete del sacrificio umano, frutto della degenerazione abominevole che io, io stesso, ho lasciato che germogliasse, come verme che rode l’anima prima del corpo, nei faziosi labirinti belligeranti dei vostri cuori. Questo è accaduto perché avete provocato me, non solo mettendomi alla prova ma perché, non sazi, avete offeso il creato in ogni sua creatura profanando così l’esistenza, la vita. E il mio nome. Avete aizzato la mia ira, e il suo giorno per voi è compiuto ed è più che mai vicino. Tra di voi nemmeno la morte avrà riguardo verso la morte. Perché, infatti, sarete maledetti perfino da essa. Io sto per addurre contro di voi tre mali. Gli stessi mali che avete fatto patire all’umanità. Tuttavia vi saranno elargiti con provvida abbondanza, ben misturati come ignominiosa scienza nel vostro petto, all’ennesima potenza. La guerra. La fame. La calamità. Chi è destinato alla guerra morirà di guerra. Chi è destinato alla fame morirà di fame. E chi è destinato alla calamità morirà di calamità. Come un martello, come un martello con la testa dai sette lumi, il mio respiro diverrà fuoco, acqua, aria, terra. Esso, poi, trebbierà e trebbierà e la terra sarà sorpresa dagli elementi restanti che obbediranno alla mia volontà, nel disfacimento primordiale degli sconosciuti fenomeni. Molte volte, troppe, e in tante lingue, tutte, ho parlato. Voi mieterete ciò che avete seminato: morte, morte, morte. Ma la morte non avrà riguardo per voi. Perché la morte, la morte è una creatura mia. Gente mendace, spietati aggressori delle altrui integrità fisiche, psichiche, morali, quando vi farò cadere uno dopo l’altro nello stagno gelido della Geenna, anche gli inferi di voi si disgusteranno. Resterà di voi un dolore perpetuo, eterno, e, nella distanza che vi separerà dai giusti, stridendo i denti chiederete pietà per voi e per i vostri figli. La stessa pietà che vi chiede, che vi ha chiesto e che continua a chiedervi il mondo. Io mi dimenticherò della pietà ma non di voi. Poiché io vi ho chiamati. E voi mi avete risposto come ben sapete. Ma tutto questo è avvenuto affinché si manifestasse la mia gloria. Non che io abbia bisogno di manifestarla ad alcuno. È essa che si manifesta per me, con me, e in me. Ebbene, voi proseguirete nella vostra opera di complicità e di collusione perché siete figli di menzogna, e appartenete al diavolo. E questo sa che ormai sta giungendo la sua ultima ora. Egli fin da principio è stato un mentitore. Nessuna speranza su di voi. Io vi chiedo: può partorire un uomo? Si è mai udita cosa del genere? Guai a voi. Voi avrete doglie, avrete doglie poiché sarete gravidi. Voi sarete gravidi fino agli occhi di rovi e di vermi. E tutto questo perché io sono. Misericordia. Io la speranza la do al mondo. Al mondo che non vi appartiene, nonostante le alleanze che stipulate tra di voi nei soprusi. Il mondo è come un bimbo che adesso, e ancora per un poco, agonizzante dorme. Quando esso si desterà non sarà più un bimbo agonizzante. E com’è vero che io esisto, non sarà più chiamato mondo. Il vostro nome, che ha dato nomi alla terra e ai mondi, sarà cancellato con la terra e con gli stessi mondi. Beati coloro che sosterranno, anche nel letto della umana morte, queste ultime prove perseverando nella fede, nella carità, nella speranza e nell’amore. Per essi ho già preparato cieli nuovi e terra nuova, e godranno di una gioia indicibile nella comunione eterna di un solo spirito in me. Io conosco i discorsi che andate facendo, ognuno nel proprio paese, per la sua via. E so perfettamente cosa si cela fin dentro ogni vostro pensiero. Ma le vostre vie e i vostri pensieri non sono i miei. E la parola che io dico, badate bene, la dico da me. Oracolo del Signore. Perché essa porta in sé, ovunque e da sempre, il sigillo del mio primo e ultimo nome che in principio era l’eternità. E l’eternità non era il principio. Esso era ciò che è, e che sarà: l’eternità, nell’eterna eternità, dell’Eterno. Beata l’innocenza. E, ancor più, beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano.
(16/01/2025)