Dove cercarsi, ditegli, dove ritrovarsi, adesso che le contemporaneità delle insopprimibili veglie si stabiliscono su occhi di occhi che deragliano dai mari assetati e la verità della verità diviene, in viso al viso, equiparazione di tenebra della tenebra, nomi che cercano la loro terra, il proprio corpo, nella congettura dei volti, delle realtà profanate per la prosperità dei grembi sacrificati nei sacrificati aneliti prosperi? Domani non si dimenticherà dell’oggi, poiché l’oggi lo ha ingravidato.
Cercarsi è dove il ritrovarsi è armonia dei silenzi diafani nell’astensione di ogni lotta.
Ditegli del seme, adesso, di quella traccia che antecede il giorno la quale, pur di non distaccarsi dal petto che l’ha custodita, va generando amore dinanzi alle sentenze grevi e ultime della incomprensione più ovvia: la morte. E mari, deragliati popoli che contemporanei alle più insopprimibili veglie si proiettano sulla definizione di viso, alleato volto che diviene assetata terra, intervallate dimensioni di corpi e di nomi che suggono, infine, ombre di comunicanti temporalità.
Alba. Anche l’occhio vuol rientrare nella sua lacrima. Dove cercarsi, ditegli. E dove ritrovarsi.
(19/01/2025)