A cosa servono le teorie,
le realtà prossime o immediate,
se questa nostra scienza,
impaziente di domare le complessità
delle cose antiche e nuove,
è la bella primogenita
che da sapore all’incolore
nel deserto della intuizione
pronto ad essere arato
per l’ultima natività
della creazione inversa?
Eppure occorrono,
come il vento che sperde la pula
proprio nel deserto florido
abitato da noi, bestie selvatiche,
impercettibili creature
troppo spesso meravigliate
in un contesto più raro,
più ampio, non per altro purificate,
alcune, come l’oro, l’argento e il rame,
passate per il crogiuolo
di quel cedro ben piantato,
saldo, tra le rovine delle tentazioni.
Dunque servono per servire,
con l’aratro posto su terra arida
dove il cammello pascola con la sete altrui
e l’auto-implosione del tempo
è autorizzata, nella cruna della scrittura,
dal concetto inviolato e universale.
(25/02/2021)