Adiacente fame, sacrificando miserie
Adiacente fame,
sacrificando miserie,
si erge a pochi dettagli
della tua memoria più subdola,
quasi del tutto irrilevante
al mio pensiero,
la falsa comprensione
attraverso la quale rompi e corrompi
la speranza e gli ignobili.
Ho fatto di te,
da quando hai deturpato
perfino il seno di tua madre,
ancella della mia volontà,
una novella favola
dal macabro sentire
e dalla fine orribile
affinché desti
le meningi più dedite al malaffare
di un delinquere a dir poco blasfemo,
violento, dotato di lingue omicide
e velenose chiacchiere.
La tua prole,
vittima della tua condotta incestuosa,
libidinosa, sarà ricordata
come sterile e bastarda.
Prima, però,
ti liquefarai
nella profondità della vergogna
e nell’assordante canzone
che hai lasciato intonare
ai musici e ai predicanti,
sottomessi alla potestà del danaro,
per plagiare l’economia del bene
sempre più stroncata
dall’infruttuosa dogana
del sapore bellico
e dal monopolio dei piaceri umani.
Ecco. Hai dimenticato il Signore
che ti ha creato
e che non si pente
delle sue creature.
Per tale motivo
io manderò a te
ancora messaggeri di pace
per ammonirti
e rinfrancare il mio popolo,
il prescelto,
l’eletto,
quello che mai mi tradirebbe
e che il mio nome teme.
Si rivolgeranno a te,
nazione dal linguaggio
non astruso e troppo perverso,
con parole semplici
e nel tuo occhio adultero
eseguiranno il loro mandato.
Ascolti o non ascolti
loro lo faranno
e non si esimeranno mai dal farlo
affinché tu sia ritenuta degna
di un giudizio di condanna,
meritevole di un perenne castigo.
I miei figli,
coloro che hai oppresso
fino a versare
il loro sangue innocente
nei calici dei tuoi festini depravati,
godranno e canteranno
la mia lode
quando ti vedranno
precipitare negli inferi,
monca perfino di quel nome
che ti volle potente
nel sopruso e per l’infamia
adiacente fame,
sacrificando miserie,
a pochi dettagli
della tua memoria più subdola,
quasi del tutto irrilevante
al mio pensiero,
tu che rompi e corrompi
la speranza e gli ignobili,
non più figlia,
non più nazione
neppure del popolo
che ancora t’invoca
come padrona,
sorella
e madre.
(24/05/2022)