Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. (Lc 9, 58)
Lui deve crescere; io, invece, diminuire. (Gv 3, 30)
Sei all’incontro delle mie labbra,
inconsumata parola, poiché io sono carne
affratellata ai gemiti della polvere.
Eppure non sono eredità di questa terra,
ma la dimora di chi mi abita è altrove.
Sì, come quando sopra la corolla
posa l’incontaminato polline
e l’ape regina tutt’attorno danza
nell’immortale giogo della natura,
io sono figlio d’uomo.
E se l’aurora m’è compagna
nel rifugio dei miei giorni, dei miei passi,
solamente in te l’anima mia
si ristora dai suoi sacrifici e dai suoi affanni,
tu che sei nido prezioso
dove poso, saziato dalla stanchezza,
il mio capo, notte che più non sussiste
mentre ancora s’incontrano queste labbra
lasciandole possedute dal tuo amore
in una manifestazione d’immota gioia
e di perenne grazia.
Come una sposa sei, e del mio tempo
esprimi a profusione la tua volontà;
e pienamente compiendoti, tra cielo e terra,
acqua nuova spando tra le vesti antiche
affinché tu mi cresca nell’umano mio diminuire.
(26/09/2021)