Al settimo giorno



Tu che vesti
con dissoluta parvenza
la vituperata corazza
della giustizia,
del diritto e della libertà,
dormi l’orribile sonno
del tuo orgoglio
e delle tue vendette
nelle imperscrutabili stanze
dell’ira del Signore.
Un lucignolo.
Sei come un lucignolo tronco
adagiato su di un candelabro
spaccato a metà.
Eppure sette sono le fiamme
che avresti dovuto produrre,
sette come i giorni della settimana,
sette come le sciagure
che non possono allontanarsi da te,
sette come sette sono gli spiriti
nello spirito del Signore.
Sei stata trafitta
per le tue continue offese
alla vita,
per i tuoi efferati
e vergognosi tradimenti.
Una promessa ti era stata affidata,
per i figli tuoi
e per i figli dei tuoi figli,
le generazioni a venire
frutto della tua discendenza.
Hai tradito anche quella e,
tradendola,
hai così rigettato
l’opera del Signore tuo Dio
che ti ha svezzato
e che ti ha resa grande tra i popoli
e forte tra le nazioni
nel tempo.
Ma questo tempo è quasi scaduto,
come una mela
che deve lasciarsi andare
dal suo albero
perché ormai matura e guasta.
Chi racconterà del tuo tonfo?
E chi mai avrà accesso
a quel suo ben custodito giardino?
Nessuno e tutti.
Nessuno lo udrà il tuo tonfo
poiché tutti
guarderanno soltanto alla tua nudità
senza comprendere
che sono stati resi sordi.
Oggi sei la macabra canzone
sulla bocca delle madri moribonde,
sei il gioco interrotto
tra le spezzate braccia
dei lattanti violentati e trucidati.
Una canzone che nessuno
e tutti cantano.
Nessuno vorrebbe fare sue
quelle strofe così amare
ma tutti sono costretti a ingoiarle,
una dopo l’altra,
perché il Signore
le ha rese dolci al palato,
più del miele.
Questa la condanna.
E non è soltanto la tua, no.
È la condanna di tutti e di nessuno,
poiché tutti hanno veduto la luce,
tutti hanno saputo della sua venuta,
tutti hanno voluto godere
anche solo per un attimo
del suo calore.
Ma nessuno,
nessuno si è degnato
di guardare la luce
come fa il neonato
che loda il suo Creatore
per il dono della vita
traducendo in lacrime innocenti
il supremo verbo dell’amore
col memoriale primordiale
del suo venerabile vagito.
Può tormentarsi una madre
per aver dato alla luce un figlio?
Ebbene così parla il Signore,
colui che ha dispiegato i cieli
e fatto la terra:
ti sei voluta collocare
sul monte più alto.
Dalle altezze proibitive
per qualsiasi vista umana
hai rigettato l’onore, la fedeltà, la pace.
Da lassù
hai creduto di passare ingiudicata
ma come il tempo
scandisce i suoi tempi
così io ho scandito le tue azioni,
una dopo l’altra,
fino a colmare il calice
che per te avevo preparato.
Bella agli occhi di tutti e di nessuno
ti sei lasciata penetrare
nei tuoi baluardi sacri
e nei tuoi santuari più indecenti.
Ora berrai alla coppa della tua vedovanza,
nel calice della mia ira.
Poiché non hai più Signore né marito
e i tuoi figli e le tue figlie
sono orfani di padre e di patria.
Non slegherò la corda
che i tuoi aguzzini
hanno teso come un laccio ai tuoi piedi,
sul tuo collo,
né farò cessare
il rumore assordante
del male che ti accerchia:
lo ascolterai poiché tu sei tutti e nessuno,
e sei colei che non ho reso sorda!
Ecco io ho contato i tuoi giorni
e i tuoi pensieri conosco
meglio di chiunque altro
e soprattutto meglio di te
che mi hai rinnegato
dimenticandoti che da schiava
ti resi potente
davanti ai tuoi aguzzini.
Tu tornerai a me
per chiamarmi mio Padrone
ma non avrò compassione di te.
Dopo aver lavato nel sangue
le tue sozzure,
dopo aver provocato
l’odio dei tuoi nemici,
dopo aver gettato contro di essi
i miei sette giorni dal non riposo
svezzerò la mia vera figlia
che trarrà gaudio e giudizio
dalla mia intima conoscenza.
La lascerò crescere lontana dall’odio,
dal sangue, dalle sozzure, dai nemici,
e al settimo giorno verrà a me
come una splendida sposa.
In quel tempo
lei mi chiamerà per nome
ed io la stabilirò per sempre
nelle sue forme perfette,
proprio come una citta salda e compatta
nelle sue fondamenta potenti.
La sua fiamma celeste
vivrà in eterno
e sarà come la pupilla del mio occhio.
A sacrificio cessato
io mi dimenticherò della mia ira e,
con essa, di ogni candelabro.
Le mie nozze non avranno più fine.

(20/10/2023)