Bevvi nel pianto dell’agnello e fui potato nell’anima

“La misura introdusse la sua pienezza nella fissità dei cieli.” E ascoltate queste parole non altro feci che alfabetizzarmi ad un ascolto sommesso e fiducioso. Così fu. E introiettato nella transumanza della mia pietrosa coscienza guardai a nord, un’evanescente ombra sui promontori del nulla. Ed ecco: le sommità più ardue, meno sensibili alla furia di ogni elemento, crollarono nel parapendio della fumigante steppa. Poi mi fu elargita la doppia coppa della sopra visione, larga quanto il contenitore di once inqualificabili di vetro e cinnamomo; oh quanti rigurgiti lacrimai dal mio fianco destro, e quanti passi ebbi a scavalcare per lo scetticismo dei miei deportati anni. Improvvisa e improvvida cadde sul mio volto la misteriosa fragranza di un fascio roseo proveniente dalla inflorescenza polare del secco legno divenuto maturo, gigante oramai, tra i vigneti libranti dell’inseminato mandorlo. Bevvi nel pianto dell’agnello e attratto dal suo umore seguii di verso in parola i suoi pascoli azzurri e, divenuto uomo, fui potato nell’anima.

(22/10/2021)