Che fai qui, Elìa?

Rannicchiato come mai prima del mio tempo d’improvviso riconobbi la fame. Eppure il mio cibo restava ben diverso, ovvero adempiere ad un’altra volontà, quella più elevata. Preso dall’affezione adamitica, nel mio loquace morbo della solitudine udii la fame farsi a grappoli per me. La seguii. Mi portò dove da sempre amando ero l’amato e ne mangiai, quale frutto così acerbo e livido mai avevo gustato e mi catturò nella mia felicità d’essere catturato. La sua voce non altro cercava che il mio rinnovato splendore al silenzio.

Fustigato nella memoria di lì a poco divenni la genuflessione tra i fenomeni.

“Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero”.*

La sua voce non altro cercava che il mio rinnovato splendore al silenzio. Rannicchiato come mai prima del mio tempo d’improvviso riconobbi la fame per adempiere ad un’altra volontà, quella più elevata.

Il turbine che nel suo tempo in proiezione costante mi rapì badò bene a privarmi di quell’arsura che altre gole avrebbero patito nel nome di una pluralità di eventi e circostanze che solo al mio spirito fu dato di sapere, da sofferenze a gaudio.

*. (Re1 19, 11-12)

(13/06/2020)