Non sarò io ad allontanarmi da ciò che respiro muove tra queste corde vocali né sarai tu. Le doglie insolute di un mondo inquieto e destabilizzato, d’altronde, confermeranno che l’oblato feto della realtà che l’uomo incarna è una reinterpretazione ellittica di una feconda partenza dalla dimensione della crudeltà a quella più arcana, epifanica, penetrata, anzitutto, dalla disarmante logica della carità e della speranza. Chi mai, dunque, potrà lasciare, ad attinto pozzo, una fonte viva d’acqua pura per la generazione che viene, per la specie procreante che più non passerà? E mentre le distruzioni sommarie compiono distruzioni totali alle distruzioni principali ecco fiorire, silente, la rovina sclerotica dell’ascia globale. I popoli volgeranno i loro palmi verso le mannaie dell’empietà che si trasformeranno in rivoli di libertà dissequestrata e in luogo della memoria tradita e offesa si leverà l’ovulo tetragrammato della eterna pace. Dal suo ceppo primordiale noi tutti vedremo lei, la parola, dimorare tra le labbra del lattante il quale si trastullerà nel covo della serpe fino a quando l’aquila e il leone saranno pasciuti dai sette seni della concezione superna. In quel giorno la luce oscurerà la solitudine di una terra devastata dalla desolazione e dallo sterminio affinché l’abbandono abbandoni l’abbandono e tutto sia tutto in tutto, così come in principio il principio era in principio nella dodecaedrica creazione di quella volontà che per amore, prima che fosse in noi amore, ci ha amati e non ancora generati ci ha chiamati, col nome del suo nome, nel suo nome.
(07/12/2023)