“Una voce grida:
“Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.”
(Is 40, 3)
Beato l’uomo che scruta i decreti del Signore,
che non si discosta dai suoi precetti,
ed esegue i suoi comandamenti
quando entra e quando esce l’aurora,
quando esce e quando entra la tenebra,
dalle sette notti ai sette giorni,
e quando è stabilito il riposo
per i giorni e per le notti,
per l’aurora e per la tenebra;
davanti all’Altissimo cresce come suo virgulto,
asperso dalla Vita e dalla sua conoscenza.
Per amore, Dio, nella sua infinita misericordia,
cancellerà ogni sua colpa
e lo custodirà dal male con il suo santo braccio
quando farà della sua Via, infine,
una sola uscita in verità e spirito
per il beato ingresso nella gloria del Padre Onnipotente.
Figlio, ascolta le parole che ho da dirti.
Aprirò gli occhi e li eleverò ai monti,
lì, dove il Signore mi procurerà per te ogni bene,
in cielo e in terra.
Siine affamato come non lo è nemmeno il lupo,
tu che, mansueto più di un agnello,
stillando cieli dall’alto germoglierai,
come mandorlo in fiore, tra i rovi e le pietre.
Agli empi non prestare l’occhio,
per i malvagi non nutrire mai invidia.
Si inorgogliscono perfino per il pane
che hanno rubato al povero, all’ammalato.
Non desiderare di essere come uno di loro,
neanche se costretto
dalle circostanze estreme dell’esistenza.
Se il loro ventre è pasciuto e sano è il loro corpo,
non lasciarti ingannare.
Infatti, l’apparenza ha condotto
molti uomini, che si ritenevano giusti,
sui precipizi della rovina.
Potranno anche saziarsi dei beni di questa terra,
tutti costoro,
ma chiamano delizia perfino le cose più immonde.
E potranno anche finire questa esistenza terrena
nella vecchiaia,
ma negli inferi chi si ricorderà del loro nome?
Il Signore prova i suoi figli
come si purifica l’argento col crogiuolo:
dopo averli saggiati,
Egli li ritiene più degni di mille sacrifici.
Ecco. Gli empi che oggi vedi sorridere,
i malvagi che non cessano di opprimere,
di esercitare dominio e male,
avidi di potere, di denaro,
e che fanno della loro esistenza
un elogio alla prostituzione,
un testamento alla persistente perversione,
ergendosi sopra agli altri uomini
fino a idolatrare se stessi,
sino a sentirsi degli dei,
dei della globale putrefazione di ogni valore umano,
ebbene costoro sono ciò che vivono: delirio e oblio.
Come erba secca presto, presto appassiscono.
Oggi lì osservi, domani più non ci sono
e nemmeno la notte profonda,
con le sue più oscure tenebre, va chiedendosi il perché.
Vanno sfidando l’Altissimo con la loro presunzione e,
accecati dall’orgoglio, prede del loro stesso male,
credono addirittura di sostituirsi a Dio.
Veramente un grande male
il Signore ha riversato su tali uomini.
Veramente sono degni delle peggiori condanne divine.
Figlio, non dispiacerti,
non invidiare il loro ventre pasciuto e il loro corpo sano.
Dentro sono pieni di adulterio e rapina,
di omicidio e di vendetta,
e di tanti altre colpe sono macchiate le loro membra,
i loro pensieri, le loro menti.
Se seggono in alto,
se uno domina sull’altro,
se vanno opprimendo i popoli
uccidendo chi gli è di fastidio:
tu non temere,
avvizziranno presto come l’erba.
La storia insegna che costoro
sogliono farsi chiamare storia.
Eppure il Signore permette che questi uomini
abbiano talvolta vita lunga, giorni anche felici;
li fa sedere come capi delle nazioni,
loro che amano farsi chiamare, dalle genti,
principi e re, dominatori.
Chi può comprendere il pensiero di Dio?
Chi può penetrare i suoi misteri?
E chi può scendere a contesa con l’Altissimo?
Può un vaso dire a chi l’ha plasmato:
io non sono un vaso?
Tu, figlio, taci e osserva i precetti che ti darò,
i quali non sono statuti
bensì norme di vita per l’uomo che percorre la Via.
Spendi la tua causa per l’innocente,
per il debole, per l’indifeso,
sii come un muro di cinta per essi
e un riparo per la vedova, per il prigioniero.
Offri ai poveri la tua giustizia:
i tuoi occhi ai ciechi, la tua voce ai muti,
le tue orecchie ai sordi,
le tue gambe e le tue mani ai paralitici,
il tuo respiro agli agonizzanti, il tuo sorriso agli offesi;
consola chi è nel dolore, abbraccia i ripudiati,
e la libertà tua donala agli oppressi e ai prigionieri.
Il tuo cuore sia unto soltanto dalla purezza
e la misericordia sia il mantello
che porrai tra pensiero e corpo.
Aiuta i perseguitati, i rifugiati,
gli esuli e i migranti:
sii per essi ambasciatore di giustizia e di pace.
L’Altissimo tutto conosce.
Egli scruta ogni segreto
e nessun sentiero gli è nascosto,
poiché il Signore stesso è la Via,
la Via che riconduce alla Vita e, cioè, al Padre,
Colui che è verità e amore, l’Onnipotente.
Egli ha già pronta la mercede
per gli empi e per i malvagi,
i quali hanno mandato giù il boccone del Maligno,
come in tanti hanno fatto prima di loro:
tutti figli della perdizione.
Tu non aspettarti ricompense.
Sappi che l’hai già ricevuta, in origine al tuo tempo.
Sei figlio di Dio.
Loda il Signore quando entri e quando esci,
nel consesso dei luminari
e per le dominazioni del nuovo giorno.
Dal benedire l’Onnipotente
non trattenere le tue labbra, quando esci e quando entri,
dal muro di polvere che non vince le tue pupille
e tra le potestà invalicabili dei sette suoni,
le quali prevengono tutte le veglie incontaminate
nel riposo prestabilito dalla folgore.
Di nuda cenere, ricordati, che sazierai la terra.
Una terra fertile, vergine.
Glorifica il Signore quando vi entrerai
e il suo Nome sarà sulle tue labbra quando ne uscirai:
tu sei stato generato per non essere pegno della polvere.
Ecco: la terra, germogliando, donerà la sua primizia.
Questa è la Via. È avanti a te.
Sei tu che devi sceglierla,
avanzando, verso il cielo, nel timore del Signore.
E ascenderai, come acclamazioni gradite dall’Altissimo,
tra i Principati e i Troni,
perché avrai costruito
la tua casa sulla roccia,
mentre la fiaccola della vita
andrà illuminando il tuo cammino,
un passo dentro l’altro, un passo dopo l’altro,
verso l’abbraccio col Vero
nel più geloso bacio dell’Eternità.
Beato l’uomo che scruta i decreti del Signore,
che non si discosta dai suoi precetti
ed esegue i suoi comandamenti
quando entra e quando esce l’aurora,
quando esce e quando entra la tenebra,
dalle sette notti ai sette giorni,
e che quando è stabilito il riposo
per i giorni e per le notti,
per l’aurora e per la tenebra,
davanti all’Altissimo cresce come suo virgulto,
asperso dalla Vita e dalla sua conoscenza.
Dio, che è amore,
ancora prima che egli imparasse a distinguere
il bene dal male,
e prima ancora che sapesse dire papà e mamma;
ancora prima che la luce formasse
un’alleanza di giustizia e di pace nei suoi occhi,
ebbene, Egli già lo aveva pensato, gradito e onorato,
col nome del suo stesso Nome.
Per questo, anzitutto per questo, beato l’uomo.
Perché le opere di Dio
sono tutte rivolte in suo favore,
secondo il suo beneplacito e i suoi immarcescibili decreti.
Prepara la via,
preparala per il Signore nostra Giustizia.
Ecco. Io faccio delle mie labbra un’arpa a dieci corde
e della mia voce un cembalo, un cembalo squillante;
le mie mani battono come tamburelli
accompagnati dalle cetre, dai flauti e dai timpani.
Perché io, per l’Onnipotente,
diverrò l’umanità che Egli ama,
l’umanità tutta che incarnerà i suoi Inni di vittoria.
E per cantare la tua lode e la tua gloria, o Altissimo,
alle porte della tua santa Città
che per me farai spalancare con la chiave del Re,
affinché possa manifestarmi, al banchetto di Nozze,
al mio Sposo come colomba discesa dal cielo,
ritornando lì, dove entrambi siamo nati,
nello stesso spirito di verità e amore, uniti.
(27-28/01/2028)