Il distacco dalle realtà costituite sul principio della materia è ben lungi dall’essere avverato nell’uomo che si consolida tra il biasimo della cultura globalizzante e la filantropia dei dubbi. Come fiore che ogni dì trova la sua dimensione naturale esso, dopo un brevissimo soggiorno nei giardini dell’inconsistenza, è destinato a perire avvizzendo tra i coriandoli composti da lapilli e cenere. Sì perché la terra è una falla del progresso e la scienza proviene da un paese posto lungo i pendii di un gretto agglomerato di colli. Entrambi formano una sequenza miope di inesperienze millenarie e sebbene regni la consapevolezza di una tale miseria non solo culturale, civile, la stabilità e la pace tra i popoli è abominio per chi guarda al proprio interesse soltanto alimentandolo come fuoco senza luce. E se ne gode. Un’agonia mirata, devastante anche nell’ordine naturale delle specie e delle cose. Una morte rapida ma intensa voluta da chi li produce quei coriandoli lasciando il compito ai bambini di giocarci, poi, affinché l’afflizione delle loro nutrici sia uno schiaffo costante alla memoria. Eppure il magma non ha più per sorella la vastità sterminata dell’acqua né il suo silente dovere si accavallerà alla burocratica follia dei vivi votata alla perdizione, al diritto di possedimento dei mali prim’ancora che degli adùlteri beni. Oh esclamazione dei miseri! Oh smorto punto senza ritorno! C’è, nonostante tutto questo assembramento di lurida materia, chi non scivola nei falsi appelli alla ricongiunzione dell’unica realtà lasciandosi dominare soltanto dalla apostasia verso l’empietà, l’uso scellerato dell’esistenza, dunque del male erto a simbolo della sua sintesi totalitaria. Uomo, ti è giunto ancora un altro dono. L’indomani, come polvere che il vento ancora non disperde.
(17/02/2022)