Dai candidi gigli di un cielo in movimento

(1 Re 19, 1-21; Is 6, 1-13; Ez 1, 1-28)

È così che mi apparve la tua gloria.

E non in un tempio costruito da mani d’uomo ti manifestasti, no. Imperturbati andavano i miei occhi riposandosi tra i candidi gigli del cielo che si muovevano con le loro forme insolite. Ad un tratto scorsi quattro figure: avevano sembianze d’angelo. Ognuna disponeva di ali e, sotto di esse, ognuna mostrava all’altra una mano finché il mio sguardo si destò di là del fiume dove i miei limiti umani avevo separato. Ecco dapprima un leone venirmi accanto ed io mi dissi: sono perduto. Ma questi posò la sua mano sul mio capo e sopravanzò. Poi fu il momento dell’aquila, maestosa e rapidissima. Volò verso di me ed io mi dissi: sono perduto. Ma questa posò la sua mano sul mio petto e sopravanzò. Subito dopo vidi un agnello, segnato alla gola da un grosso taglio, accostarsi al mio cuore. Mi dissi: sono perduto. L’agnello posò la sua mano sulla mia bocca e sopravanzò. Infine vidi un uomo, un uomo le cui vesti erano simili alla luce, una luce così intensa mai conosciuta prima d’allora. Mi venne vicino ed io cominciai a parlare con la mia quarta mano, posata nella sua. Il mio spirito rinvenne. E vidi la gloria del Padre, del Figlio unigenito e dello Spirito aleggiare sopra di me, nel cielo aperto, finché mi accorsi che io ero tenuto stretto per la parola da quelle quattro figure angeliche, i cherubini. Mi dissi: sono perduto. Ho veduto il Signore dei Signori, come potrò restare in essere? E mentre andavo considerando la mia dipartita, una voce andò afferrandomi tutte le mani e mi parlò. Al soffio di tale brezza io non resistetti e risposi dicendogli: me Signore, manda me. E mentre le mie labbra furono unte di azzurro luce, vidi. Erano i miei occhi che imperturbati a me tornavano, dai candidi gigli di un cielo in movimento, e dal mio cuore non disparve più la gloria tua, o Dio mio e mio Signore.

(21/07/2024)