Dalle bende mal tagliate dell’umano soffrire, avvolto in un sudario di sonno che non a me, non a me appartiene, osservo quieto l’intimidazione di fuoco e di carne che il paese produce. Uno sfregio sul viso giovane della bella civiltà che non comprende, che non corrobora la sua necessaria vigilanza verso quegli attributi principali che rendono violenti e indissolubili certi rapporti con le forze principali di delinquenza, di devianza, e di destabilizzazione, focalizzate in un organigramma elaborato da servizi assistenti la governance sita in palazzi d’avorio e non di vetro. Ipocriti assassini, dalla tasca unta di piaceri e di scandali, cominciano i loro brogli sul fare della notte vendendo i bisogni altrui pur di soddisfare appieno i propri loschi e bruti interessi, oltre qualsiasi direttiva intercontinentale, sbeffeggiando ogni dialettica costitutiva, all’occorrenza, e offendendo, quindi, tra le tante, i propri avi.
Io non ti piango civiltà contemporanea poiché hai scelto tu il colore del tuo silenzio al braccio e vai amando la maledizione che tu stessa desideri sul tuo capo. Così tutto si sussegue di notte in giorno e viceversa. Sovraffollata di castigo e preda della tua stessa indecenza sei diventata regia e sconquasso del più vile attacco alla vita, all’esistenza, mentre vai dipingendo con pennelli ad olio bruciato la tua pubblicità regresso sulle solite tele, le solite tele di stato.
(12/06/2023)