Deserto di mare in un mare di deserti
Un breve soffio la vita, un sibilo di niente.
Che sa il seme, forse, della mano con la quale sarà gettato su di una terra sempre più calpestata dalla vergogna che tutta si compendia nelle malvagie opere degli uomini? Eppure sarà la mano a gettare via il seme, oggi come ieri, ieri come domani, forse. E allora non temere la furia del vento ma piuttosto la quiete dell’errore, la manifesta perversione di chi dovrebbe apprezzare la terra e non svenderla al migliore nemico per riceverne, a tempo debito, contraccambio. Ecco. La gioia è stata da costoro saldata e svenduta, liquidata e barattata come fosse mercanzia di villani, spezia avariata. E intanto la paura corre, spegne il fiato di chi la cura e accresce la sua velocità sul riso falso, mendico, di chi ha venduto l’anima propria per favorire l’erba secca di questo mondo. Sì, tutto avvizzisce, anche la mano che muove l’aria bruciando tempo, lo stesso tempo che nella mano dell’empio avvizzirà. Resterà il seme. Brucerà pure questa terra disintegrata da un cielo che emetterà il suo alto spiro prima di folgorare in un sibilo di niente ciò che all’uomo d’oggi è caro: tutto ciò che è ignobile, impuro, l’idolatria, l’avidità, la superbia, la voglia di potere, la mania di onnipotenza, malattia del giorno, escremento della sera, che merita apprezzamento e onore sempre e solo dallo stolto. Questo il ciclo breve delle cose, la dinamica di un calpestato dono chiamato egregiamente niente. Beato l’uomo che proteggerà quel seme in nome della verità. E beata la terra che conoscerà l’amore di quel germoglio che non potrà sfiorire poiché la rugiada che lo farà innalzare al di sopra degli angeli va spalancando i cieli e squarciando il presente, deserto di mare in un mare di deserti.
(29/08/2022)