Destinate alla morte un pianto senza lamento, oggi
C’è chi semina morte
e chi deplora la vita.
Orsù destinate alla morte
un pianto senza lamento,
oggi,
poiché verrà meno la voce
perfino ai consolati.
Infatti la scure della perdizione
già veglia, tremenda,
sui popoli che alzano il braccio
della vigliacca violenza
per affliggere popolazioni inermi.
E i decreti mendaci,
le accuse fuorvianti,
i supporti potenziati:
mondezza che ode lo sfavore
dei suoi putrefacenti benefattori
e che con astuzia malvagia
ha perfino imparato a parlare
con la lingua di chi si dichiara
innocentemente vittima e,
nel contempo,
infierisce da carnefice sui bambini,
sui poveri, sugli indifesi,
e sugli anziani.
Donne, donne intonate un pianto
senza cantare i suoi lamenti
poiché il giorno del silenzio
sta per terminare
per lasciare spazio e tempo
a quella sera senza tramonto,
l’intemerata, l’inaudita, la stupefacente,
vigilia di quell’attesa
che nessuno mai ha immaginato,
l’innamorata del Signore,
la sua pre-destinata.
Oh, i colli e i mari!
Oh, i fiumi e i monti!
Come non compatire le sofferenze
di una natura sbeffeggiata dai tiranni,
secretata dai sovrani.
Alza i piedi
e calpesta i tuoi piedi stessi,
alza le mani
e battine il tempo del lamento
sul tuo petto
prima che termini la sera e sia giorno.
Ah, la notte.
Questa orribile parvenza ottenebrante
dalla quale fuoriesce
la stagione senza sonno,
la meraviglia del creato.
Violenza! No.
Vendetta! No.
Io sono lì.
Assiso alla mia volontà
alimento una speranza
che mai v’appartenne
per fasciare il cuore dei più giovani
e portare ai popoli ultimi
la mia bella notizia,
la mia buona violenza.
Forza.
Viene il momento, che sia forse questo?
Viene il momento!
Coloro che mi faranno
violenza d’amore
vedranno il mio volto
e io li condurrò,
come un regno che acclama
acclamato da se stesso e dal suo sovrano,
fino alla dimensione ultima
della conoscenza, la tutta bella,
la mia compagna.
Li sazierò con fior di miele
e succo di cinnamomo
affinché abbiano
ancora più forza nel sentimento
e proteggerò i loro occhi
da quella luce che era
da prima che tutto fosse
affinché siano conformati anche essi
a ciò che erano da prima
che fosse tutto ciò.
Oh pupille del mio sorriso,
frutto amato della mia parola amata,
lasciate il vostro viso deturpato
e ritornate a nascere dal cielo,
allattati dal seno
d’una sola madre.
E tu,
espressione verace della mia rugiada
che ancora stai dettando il tempo
su di un petto senza fiato,
cosa vedi?
Ecco. Io vedo il giorno farsi avanti
e la notte tintinnare.
La sera balla e canta,
ebbra nel suo calice di sangue,
con l’ultimo tramonto
posto come anello
sotto al braccio suo piagato
il quale muove gli ultimi rintocchi
tra le labbra tumefatte
di una irriverente falce.
E infine l’alba. Poi la pace!
(20/09/2022)