Di parole vestito e di lino

Lo chiamiamo pigolio di luglio, quando a mezz’aria si desta in pieno cielo una scrittura tutta da decodificare. È l’allegria che si fa carne e che vuota sull’umanità compaginata il suo fumante sangue pur di elaborare con la primordiale vittima dello scetticismo i suoi atti e le sue prerogative. Oh mondo, che nei tuoi emisferi sempre più incatenati proprio non ti dai più pace né ti fai da parte! D’un tratto il silenzio, l’assenza, fin pure il niente. Sono le tue giuncaie, i tuoi canneti, il tuo fogliame. La notte sembra ripetersi, si ripercuote su di te, ma non è mai la stessa. La colpa. In quale sentimento scomparso potresti annettere la verità che in luogo umano e in parte uguale ancora ti appartiene? Ascolto il parto della natura, il pianto di tutte le cose: ecco nascere la rugiada nel vagito della brina, quale frutto meravigliato di un creato che sui tuoi giacigli più non sogna. Ecco, al pari di come si calpesta un uomo così sei calpestato pure tu. Lo chiameremo addio. Avverrà che il canto del fogliame trapasserà l’udito dei popoli. L’anima di molti si liquefarà quando migrerai verso le tue sterili risaie. E sarà come quando a mezz’aria si desta in pieno cielo una scrittura di fianco a colui che, di parole vestito e di lino, intingerà per te il suo stilo nel sangue ancora fumante di una umanità carnivora, parsimonia delle piante, per continuare a scrivere, a incidere, a far roteare le pagine di quel libro che tu hai scambiato per utopica allegria. Ti chiameranno mondo.

(04/07/2024)