E saranno un abominio per tutti



Quando a parlare è la guerra la prima ad aprirsi è la bocca della diplomazia. Viceversa, quando a parlare è la diplomazia la prima ad aprirsi è la bocca della superbia.

Mi contorcerò
come una partoriente
preda delle sue doglie in fiore.
Verserò lacrime e bile
ai crocicchi delle piazze,
nei vicoli più dimenticati
e spargerò
come un fiume appena esondato
il mio pianto inconsolabile
dinanzi ai corpi senza vita
che illividiscono
perfino i bagliori irriverenti
dei consunti astri mattutini.
Hanno trafitto il tuo cuore
ma prim’ ancora la tua anima
e giaci ferita in ogni luogo,
come una madre
che per i suoi figli ammazzati
non si dà più pace,
con gli occhi di un cielo
che sembra più non vedere
e che non ha orecchie
per sentire il tuo lamento grande,
straziato dagli orrori di una terra
che non conoscerà più pace.
Anche i capi del popolo cadono,
assieme ai sacerdoti,
per non più rialzarsi
e non c’è distinzione
tra il giusto e il malvagio:
uno sull’altro li vedo ammassati
nel grande, illusorio abbraccio,
versati come pece
ancora bollente
su tutte le strade diroccate.
Attorno a me
non c’è altro
che il terrore e la violenza,
la violenza e il terrore.
E nessuno dorme
perché il sonno fa paura
quanto la morte.
Avessi riconosciuto l’amore
quando sei stata visitata
oggi saresti un paese in festa,
avremmo sentito
il canto degli sposi
e la danza degli invitati
avrebbe allietato il tuo cuore.
Ma nel tuo calice
oggi non c’è vino buono, no.
Stai bevendo alla coppa amara
dei tuoi errori
e nessuno te la toglierà
dalle mani.
Ciò che si considera
delizia per il cuore
oggi è pascolo disperso
tra i tuoi occhi:
il gregge, il tuo gregge
viene condotto al macello
ed il suo pastore
sembra quasi approvare
tutto ciò.
Si diceva di te
soltanto della tua bellezza
e per essa occhi languivano
e battevano mani su mani:
ti hanno derubata,
i tuoi capi e i tuoi sacerdoti
ti hanno illusa e sedotta
per spogliarti
delle tue preziose sette giare!
Eri la gioia di tanti
ed oggi sei la terra dei morti
e su questa terra
nemmeno i tuoi devastatori
avranno il coraggio di camminare,
domani.
Le donne piegano gli occhi
sui loro bambini ammazzati
mentre muoiono di sete e di fame;
gli uomini si accasciano
sugli altari dei santuari
dove ormai è stato abolito
il sacrificio quotidiano.
In te nasce e si completa
l’abominio della desolazione.
I tuoi nemici saccheggiano
dalla tua carne all’oro:
si dilettano con i loro figli
a trucidare l’opera
compiuta dall’Onnipotente.
Ed ecco che così dice Dio, il Signore degli eserciti:
Mia figlia
espierà per intera
la sua grande colpa.
Ma tu che hai alzato
contro di essa il tuo pugnale,
tu che l’hai schiacciata
col tuo piede immondo
fino a farla crepare
nel respiro più innocente,
non conoscerai mai più la pace.
Poiché verranno giorni,
e sono questi,
in cui non si diranno
più beate
nessuna delle nazioni
presenti sulla terra.
Solo un resto di esse,
il popolo che io mi sono scelto,
dopo la grande tribolazione
tornerà a me.
E in me saranno
un solo pane di vita,
un giorno di gioia senza tramonto,
un solo spirito, una sola cosa.
Vi sarà un albero che produrrà dodici raccolti
e quattro grandi fiumi
bagneranno i piedi della mia città.
Ad essa io condurrò i miei figli,
le mie figlie,
e questi verranno
da ogni parte della terra,
anche la più infedele.
Il mio nome sarà in loro
e durerà in eterno.
In ogni mese al novilunio,
e al sabato di ogni settimana,
verrà ognuno a prostrarsi
davanti a me, dice il Signore.
Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini
che si sono ribellati contro di me;
poiché il loro verme non morirà,
il loro fuoco non si spegnerà
e saranno un abominio per tutti.

Quando a parlare è la guerra la prima ad aprirsi è la bocca della diplomazia. Viceversa, quando a parlare è la diplomazia la prima ad aprirsi è la bocca della superbia. Ma la sola bocca ad aver parlato, oggi, in verità, è stata quella del Signore.

(18/10/2023)