Ecco il verbo che accogliendo noi in noi si è inverato
Al maestro del coro. Su “I torchi”. Salmo. Di Davide.
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,
con la bocca di bambini e di lattanti:
hai posto una difesa contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
(Sal, 8)
Quanto difficile diviene alla umana comprensione assurgere, in efficaci spazi decadenti, l’essenza della nostra vivibilità, indipendente da ogni affanno quotidiano, per la proclamazione dell’anima universale, cosiddetta e vera, nel suo stato di profonda quiete ai primordi dell’adozione sua a creatura svincolata dagli emisferi dei desideri e dimorante in coloro che, fatti simili a dei e poco meno degli angeli, ritengono tutto ciò una elezione invitta per la causa principe di ogni stirpe deputata alla decompressione di uno stato vigile e mai sottomesso alla egemonia della carne, ovverosia a coniugare gli estremi e pacifici cardini della parola in una comunione simbiotica delle volontà che arginano le ancora integre dimensioni sottoposte ai sismi temporanei delle ottenebranti richieste provenienti dalla già superata materia. Ecco il popolo che si ciba della congrua luce presente ai tempi dapprima che lo stesso fosse realizzato in sostanze di eguale opportunità rappacificate con l’intera creazione. Ed ancora. Ecco il verbo che accogliendo noi in noi si è inverato.
(07/01/2022)