Escatologia dossologica

“In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.”

(Mt 24, 34)

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Avverrà che dopo un lauto convito preparato per voi grandi-nazioni, noi non-popoli andremo espellendo i lutti del vostro insano mezzodì sulle rovine che più non ci rovineranno addosso ad evacuata morte, torre vetrata dalle decine di cancelli e con un unico ingresso incustodito puntato sulle ore dodici, replicato esagramma di ombre violente che pungerà un carnoso pentagono sonoro dotato di fiori smagriti e di ventilate valanghe. In quel giorno quadrato, avendo tralasciato dell’albero proibito i sette frutti della conoscenza, la fame produrrà campi di pruni maturi e piante di fichi primaticci, lì dove sorgono i tre vitigni dai tralci argentei e impetuosi. I nostri figli non parleranno, non ascolteranno, non vedranno. La loro bocca diverrà luogo di silenzio poiché per causa vostra gli si allegheranno i denti. I loro orecchi saranno privati di qualsiasi gravità per divenire luogo di sepolcro per gli occhi, occhi prigionieri delle verdi sabbie mobili. Tutto questo accadrà affinché non si compia il proverbio, non si sveli l’enigma, e alla parabola non segua spiegazione del genere. La colpa. Essendo per natura stessa non attribuibile alla incontaminata natura, cadrà come una sequenza non interminata di parole nella fossa preparata da voi, grandi-nazioni, per noi non-popoli e per i nostri figli e in questa fossa sarete i non-chiamati padri dai vostri figli che non parleranno, non ascolteranno, non vedranno. E su di voi regnerà sovrana la colpa, così che i lacci gettati con l’andare della notte, insidiando i vostri colpevoli calcagni, faranno da sgabello e da trono, infine, per la lunga serpe e per gli scorpioni, mentre parlerete con il linguaggio dei cardi e sanguinerete giustizia da una fronte coronata da dodici spine. Ogni uomo che vedrà il vostro volto, abominevolmente così trascorso, sarà considerato memoria perpetua e ammonimento per la generazione che viene, la quale offrirà se stessa, per tale avvenimento, come oblazione perfetta all’amore del Padre e alla teofania del Verbo, grazie all’azione onnipotente dello Spirito che condurrà ogni chicco di grano caduto in terra sana sulle alture nascenti della sposa più bella, la cittadella fortificata, la Gerusalemme Celeste.

Questo avverrà lì, dove si raduneranno tutti assieme gli avvoltoi in un solo giorno di viaggio della luce tra terra e cielo, e quando dall’albero dai sette frutti della conoscenza non sarà più proibito ai non-popoli di ascoltare e vedere il Dio dei padri e dei figli, Dio dei viventi e non dei morti, e di parlare parlando per mezzo della sua parola. Ora come adesso. E adesso come ora.

Ma guai. Guai a tutti coloro che hanno trasformato le tenebre del giorno in luci per la notte: credendo di allontanare il giorno del Signore ne hanno, così facendo, inaugurato il tempo dell’ira.

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“Guai a coloro che attendono il giorno del Signore!

Che cosa sarà per voi il giorno del Signore?

Tenebre e non luce!”


(Am 5, 18)

(14/10/2024)