Appartarsi nel cuore, distante dai convenevoli del pensiero, per nullificare la carne che compete, che si corrode, fino ad immolare i sensi nella nuda infrangibilità della tua sorgente pura che diviene – fuori da me – segno di sconfitta e presagio di fosca caligine per tutte le nazioni che si dissetano senz’alcuna sosta ai prematuri semi di quel sangue asperso tra i tuoi cieli, amore mio, padre senza padri, in questo fallimento civile retto da una Roma nuova che i fili muove e i sipari cala tra i suoi rituali dissacranti e orgiastici. Lascia che io asporti, verso le miriadi delle tue inarrivabili altezze, le pulsazioni che da sempre ti appartengono per farne, con esse, un’oblazione costante al tuo inscrivibile nome, un olocausto perfetto per la terribile concezione della tua inguardabile pietà. Io, tuo eterno talamo nuziale. Vorrai?
(21/02/2024)