Ho partorito corpi d’ottobre
Languisce il mio labbro, l’anima sguarnita geme. Oh! Quanto non ho mai temuto dovrei così comprendere, a lividiti pensieri, in questo giorno infausto richiedente alcuna miseria a confronto? Ho raccolto il seme sparso su troppa informe terra e oggi al cielo mi snudo come matrice della sua completa desolazione, anestesia corrotta di una beatitudine insonne. A chi appartenne tale impeto amorevole, in sì condotta salvifica e armoniosa, che assale oggi la mia condanna e che non cessa di seguitarla per accorrere con violenza alla violenza della mia digià svecchiata vergogna? Ciò che merita sangue e morte ai miei occhi è la sconfitta della vittoria, il principio della fine, aritmie pure di una solidificata presenza. Il lamento è piovuto intatto su tutti quei seni che avrebbero dovuto dissetare le acerbe bocche di una stagione che non è più poiché ho partorito corpi d’ottobre smarrendone i nomi nel mio dolore.
(12/10/2022)