I frutti primaticci
Il Signore Dio, sia sempre benedetto il suo nome, il misericordioso e grande nell’amore, il tre volte Santo, nella solennità della solennità profanata da uomini, capi di popoli e di molte nazioni, mi ha parlato in questi termini:
Figlio dell’uomo
ti pongo
a sentinella della parola
che io stesso
sto per adempiere
di là del deserto,
ove i più alti monti
voltano lo sguardo loro
sui piuoli delle tende saccheggiate
per correggerne
la digià violata posizione.
Ecco.
Vedi due gruppi di persone,
due dipartimenti di individui,
due famiglie nomadi.
Potrebbero coabitare assieme
in questa notte sparpagliata
dai latrati sanguinari dei cani,
dalla fame tracotante dei maiali.
Non sarà così.
La loro cena sarà diversa;
ognuno mangerà
maledicendo l’altro
con una lingua appesa
a quei piuoli.
Eppure io misi
nella mano destra
dei due capifamiglia
l’alternativa a tanta fame
distruttiva e blasfema.
Ognuno di essi
ebbe un pugno
di semi di stagione
tra le sue cinque dita.
Io ho scelto
colui che possiede
i frutti primaticci.
Costui avrà parte con me,
certamente.
L’altro sarà una vergogna
non più priva di vergogna,
un fischio starnazzato
tra le labbra dei lattanti,
una discendenza di maledizioni
e una lezione esemplare e ultima
per le generazioni che non verranno.
Farò balzare la tenda dell’uno
su quella dell’altro
e i monti si schianteranno
quando anche i cedri
caleranno le loro cime
al frastuono dei miei passi.
In quel giorno
non avrò pietà dei devastatori,
dei ladri, degli assassini:
tremeranno nelle doglie le donne
per i tormenti delle loro vitelle
quando partoriranno querce
invece che selvaggina.
La carne delle querce in quel giorno,
dinanzi al mio volto,
parlerà con la lingua dei bufali
appesa tra le cinque zampe dei maiali.
Il mondo serrerà per sempre
il suo occhio perverso,
io stesso lo sigillerò nel sangue
come simbolo ultimo della Bestia.
Nel canto delle cicale
le cerbiatte splenderanno come colombe
e sveleranno le loro argentee ali
quando gli oceani
eleveranno le loro coste
per rendere il tributo primigenio
alla Regina delle regine.
Con la mia destra
lascerò appassire il corallo
presente in ogni barriera marina
e renderò alle isole tutte,
ai continenti anche non conosciuti,
la mia giustizia che non va giustificata.
Chiunque mi vedrà possederà la pace.
Del mio popolo farò quel giorno
la mia amatissima sposa.
Sederò sui fenomeni
che da sempre mi appartengono
e presenzieranno alla sua presenza
aria, acqua, fuoco e terra.
Io la conoscerò
e il suo travaglio si chiamerà Gerusalemme
perché così consacrai la sua eredità: Celeste.
Di essa farò, quel giorno, la tua voce:
inni di lode paterna.
Nei secoli dei secoli,
nei secoli dei secoli,
nei secoli dei secoli.
(26/10/2023)