I mercenari e il pastore



Questo mistero è fragile,
come l’opera infruttuosa
che fuoriesce dalle mani
dell’inesperto vasaio
e al pari della peluria
che copre il capo della puledra
vittima della calvizie e, nel suo errare
per le recintate steppe a fil di ferro,
della fame.
Questa parvenza di menefreghismo
verso la direzione condotta dall’attuale storia,
figliastra della precedente, vedova,
è soltanto un anelito marcito
proveniente dalla presunta visione
delle bocche matrigne delle false dimensioni del genere.
Non una riflessione verso gli atti
che si interpongono
tra le dimestichezze del presente
nelle nefande elucubrazioni dottrinali
di troppe menti.
Dottrine fasulle,
senza alcuna collocazione temporale
e che della vita altrui
null’altro aspirano che al male, che il male.
Operatori di iniquità,
che chiudono le porte della libertà,
della verità, della felicità,
sbattendole soprattutto in volto agli uomini
che tanto, troppo
vorrebbero entrarci per quelle porte
e che, tuttavia,
non solo ne vengono respinti
ma sono fucilati nell’anima
da chi dovrebbe assumerli
nel proprio cuore,
all’ingresso di un’ormai depravata coscienza,
non più rimediabile.
Lesa,
lesa è ormai la quotidiana veglia dei popoli.
Inginocchiata e ammutolita
la bocca di chi potrebbe cambiare
il segmento interrotto
della umana storia.
Voi che siete chiamati a condurre
i capri e gli agnelli
verso il recinto spezzato delle pecore
avete rubato,
mercenari dal pervertito cuore,
il loro cibo, i loro alimenti,
per portarli vilmente alla morte.
Ricada, dunque, su di voi
la vostra stessa infamia,
o vilipendi del tabernacolo del mio amore
riflesso nelle stimmate procurate con orrore
ai miei più piccoli agnellini.
Pascerete con coloro
che vi hanno posto
sui pulpiti della desolazione
la vostra fine, la loro,
poiché voi stessi avete condannato
le vostre anime a cibo per cinghiali
e i vostri cuori ad escrementi
rieletti a fertilizzare la terra a me dovuta,
la terra, la mia estensione vitale,
da troppi morsa con fierezza assassina.
Questo mistero è infruttuoso.
Il vaso debole
l’ho lasciato per troppo tempo integro
oltre i fili di ferro.
Avete colmato la sua cima,
avete straripato, con i vostri fetidi stagni,
oltre ogni sua misura.
Ecco i primi cocci
avvilupparsi tra le matasse sfilacciate
della non dimensionabile vergogna.
Aprite le porte a colui
che spegnerà nel fuoco
le mani ladre e omicide
dei mercenari di anime.
E chi è mai costui?
È il pastore vero
che già chiama a raccolta i suoi capri,
le sue pecore e i suoi agnellini,
rendendo cento volte cento
alla loro fame il dovuto cibo
e che fascerà le loro stimmate
nel tabernacolo della pasciuta pace.
Essi mi seguono e mi seguiranno
poiché senza vedermi mi hanno riconosciuto e,
nel momento della prova, del dolore,
nel frastuono delle voci soltanto me hanno ascoltato.
Beati, beati loro.

(09/03/2022)