I miei giorni ancora in fasce



Perché temere nel giorno dell’angoscia se è proprio questa a temere il giorno, la luce, la vita, il bene, la pace, l’amore? Alza la testa al cielo, il tuo volto sia radioso e a bocca rasata parla in una sola lingua, la mia, e scrivi, scrivi con un sangue che non può perdere il suo colore perché frutto del giorno, della luce, della vita, della pace, dell’amore in seno all’arcobaleno che sta per raggiungere ogni stanza dell’umano tramonto:

Ecco.

Di cenere ho cosparso

la via del grande abominio,

del grande incesto

tra bisognosi e usurai,

dove passeggiano in morbide pelli

l’avvoltoio e lo sciacallo

tra le carogne sconsacrate.

Essi van dicendo fra loro:

bene, siccome ho avuto fame

dunque ho mangiato

e siccome tanta era la sete

ho pure bevuto.

Chi potrà contestare i miei bisogni?

Così facendo approvano

i passi dei loro simili

e dei loro padri.

Anche loro avevano

identica fame e medesima sete,

anch’essi si nutrono di sangue umano

e di carne maledetta.

Maledetta perché è stata offesa,

consumata, depredata, trucidata,

sezionata, mutilata,

dinanzi alle risa dei tanti benefattori

che al mattino stendono

il loro impianto accusatorio

su quella calunniata via e alla sera,

quando le flaccide tenebre

solleticano i piaceri dell’empio

e avvizziscono i favori per lo stolto,

vanno ingoiando la stessa miseria,

pranzando da ingordi cinghiali

la mia purissima cena.

Oh, quanto fedele è divenuto l’uomo

al suo funesto dramma,

al suo esistenziale ingorgo!

Ipocrisia e viltà

hanno trovato per compagni

la vanagloria e il terrore

e dovunque c’è vita

si può percepire l’odore acre

della menzogna che alto sale

come il ghigno

della più volgare smorfia:

uno sberleffo ripido

all’intera umanità

che costringe le rondini,

ancor più stanche,

a migrare senza meta

in opposte traiettorie

senza collocazione geografica

lasciando inespresse e indifese

quasi sempre le loro nidiate,

frutto di una coniugazione storica

che cerca umana fama

nel suo discendere a guado

nella velenosa melma

delle sovvertite età.

Perché avvalorarsi

innanzi alla sconfitta dei valori?

Sono nauseato

da tutti quei colori

che messi a capo

di un artificioso arcobaleno

frodano l’intelligenza altrui

fingendosi – onorati –

di ambasciare, ovunque sia possibile,

in nome di una pace

che non ha nome né paese

e che in tanto artificioso inganno

non splende ma scoppia,

colore dopo colore,

al pari delle giostre amputanti

che assassinano

i miei giorni ancora in fasce,

gli infantili mondi.

Avete inciso

sulle vostre labbra

le parole che vanno

sanzionando i giusti

e avete cucito

nel vostro petto

la vergognosa legge del terrore.

Abili omicidi e profanatori

del sacro diritto alla vita:

questo siete,

e di tutto ciò vi onorate

e ancor più ve ne compiacete.

Ecco.

Io non aggiungo

giorni ai giorni né notti alle notti.

Truffatori,

avete derubato la mia decima

e il grasso che cola dai vostri occhi

è la testimonianza verace

di come il presente

vi stia crollando nel marciume

di un fin troppo ossigenato sangue.

Vi chiamo a giudizio sin da ora:

ladri e omicidi,

avidi e malvagi,

stolti e superbi,

che vi siete fatti figli degli idoli

partoriti da voi stessi

e li chiamate padre, madre,

e in loro nome

rubate e uccidete,

o profanatori e menzogneri.

Siete voi forse

stirpe bastarda?

Lontano,

lontano da me.

Anche quando invocherete

il mio nome,

per i vostri simili,

a tirannide stupita e contraffatta

io vi sconoscerò.

Ho avuto fame e avete derubato,

ho avuto sete e avete ucciso.

Adesso la carne innocente

ritroverà vita dalle vostre ossa cariate

e il sangue che avete versato,

ebbene,

lascerò che m’inebri di passione

per il disvelato giorno della vendetta

poiché in quello stesso sangue

laverò i miei piedi

nel catino delle traviate nazioni

per la nuova ed eterna alleanza:

tempo di pace e di giustizia,

luce di gloria e di vittoria!

(05/10/2022)