È irriverente
il consapevole pianto
di chi fugge,
di chi fugge la terra
e i suoi occhi spalanca,
i suoi occhi dalle svergognate pupille,
e senza mai sostare
nella veglia della luce
si appropria della esistenza,
un’esistenza
figlia di un incesto usuraio
e di una lacrima prostituta,
sottomessa.
Meglio l’urlo dei morti,
di chi è entrato e uscito
dal sonno delle tenebre.
Questi avranno pace,
pace perfino
dal giogo infame della lingua,
una lingua
che danna, che danna, che danna
anzitutto coloro
che lasciano tacere
la specie umana
negli altrui sentimenti.
E allora!
Né riso né pianto,
né dolore né gioia.
Più di chiunque altro, però,
voi proclamerete beati
coloro che né luce né tenebre
hanno conosciuto,
tantomeno tormento e stupore,
perché non hanno pianto l’esistenza
e non sono entrati né usciti
dal seno della martoriata terra.
Sì.
Li proclamerete beati perché,
in questo transeunte cuore
del ventunesimo secolo,
essi hanno vinto
l’incesto usuraio del compromesso,
evitando in tal modo la corruzione,
la corruzione vile con la polvere.
Loro,
i non nati, i non partoriti, i mai generati.
I sepolti vivi delle vostre cimiteriali teste.
I riverenti inconsapevoli.
(07/11/2024)