Il Getsèmani

Si affievolisce la parola attorno a voi, quasi d’un torpore il giorno sappia della sua sconfitta, e prim’ancora di conoscere la sua prima luce un sole muore. L’angoscia è preda della mia stessa angoscia, la mia preghiera figlia d’una più alta preghiera e il mio pianto è padre del sangue che dalla fronte, adesso, mi gronda. La mia volontà si dibatte, spera, crede, eppure sa che io sono qui per questo accadimento, per l’affermazione pura della sua stessa verità. Dunque che io speri che tutto avvenga secondo quanto debba avvenire non in funzione della mia sete incarnata, tutt’altro, bensì nel calice che empirò col mio amore per la vita che io stesso ho generato e che mi tolgo e mi riprendo da me. E voi dormite pure, adesso che lo spirito è pronto e la carne vi diviene debole; ecco che si compiono le scritture. Basta. Andiamo. Il mio calvario prosegue. Che non abbia ad attendermi la notte nella fine delle sue tenebre.