Nulla che non sia già avvenuto nella parola, per mezzo della parola, senza l’incentivo dissuasivo di alcuna eccezione. Di che angustiarsi? Del cuore che medita e opera nefandezze come omicidi, rapine, adultèri e qualsiasi genere di malignità in piena sinergia con quel pensiero che innalzandosi da solo alla fattispecie di idolo lascia gradualmente percepire l’uomo, che tutto ciò contiene con l’inerzia della violenza dei sensi, come un onnipotente, una deità smentica ciononostante dei cieli e di Chi li abita da sempre. Eppure Dio. Questo Creatore che per puro pathos e ineguagliabile sentimento si è scelto come dimora la nostra vilissima sostanza, figlia del fango troppo spesso mutata in specchio di polvere arso dall’infamia, pur di salvare l’uomo, sua creatura, attraverso una morte che lo ha reso maledizione per l’uomo stesso (principio e fine della verità e, dunque, dell’amore), morendo appeso ad un legno, il legno di una croce. Oh! E di che esistere? Della speranza, di quel dono inarrestabile che colma vuoti e spazi, lasciando dietro di sé il moltiplicarsi smisurato di ogni epoca nel limpidissimo risultato che racconta enumerandola sempre lei, la medesima e unica storia. Chi ha speranza nella verità possiede già Dio, adesso, ed è porzione preziosissima del suo immarcescibile amore. Eppure l’uomo. È senza dubbio lui lo strumento necessario per giungere alla gioia vera, al senso pieno della vita, alla visione beatifica della gloria di Dio, dell’unico e solo Dio, il quale la concederà ai suoi eletti. Ecco. Per essere sua eredità bisogna sperare, credere, amare, adorare Dio e Dio in Cristo Gesù, morto per la salvezza dell’uomo e risorto a gloria di Dio Padre. E se Egli si è scelto la vilissima dimora che rende umano l’uomo, per salvarlo l’uomo, allora è giunto il momento di guardare all’uomo e tendere in lui, da lui, per giungere a Dio. Questa la necessità feconda che deve, nella storia fattasi ormai di polvere breve, voler elevare i figli di Dio da mortali a spirituali. E stringendo le mani proprie a quelle piagate di Cristo Gesù, respirando nel suo stesso anelito, inchiodati ad una gioia piena che non conosce paura né ritorni, gli eletti diverranno una benedizione la quale andrà a compendiarsi nella prima legge dell’amore. Oh! Dio Spirito. E si dirigeranno miti, puri, assetati di giustizia, con innamorata anima, alle fonti d’acqua viva ove ad attenderli vi sarà il loro sposo, Dio, il Signore, che solleverà ad ognuno il capo verso l’alto e non vi sarà altro che profonda meraviglia, pace, grazia sotto gli amplessi di un cielo aurorale nel tempo nuovo chiamato Eternità. E allora la parola. Nulla che non sia già avvenuto nella parola, per mezzo della parola. Chi adorerà Dio in spirito e verità potrà far sue, sin da subito, le parole che il Signore ha detto al mio Signore: “siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi.” Amen.
(02/02/2024)