In un cielo principiato nell’iride a ventaglio dell’alba

Vacuità delle tenebre,
asfissia della notte.
Abbandono al sonno che marcia
nei perimetrati assieme
delle insonorizzate ombre
quando già la tua voce,
amore,
è il mio perfetto controcanto.
Primavera ed estate,
anelito di un entusiasmo
che per noi,
soltanto per noi,
trova il coraggio di alternarsi
nell’autobiografico intervallo
delle nostre più indenni stagioni.
E questa fame
che mai smette di sfamare
il vuoto sempre più compresso
che al tutto e al niente
separandosi appartiene.
Un bisogno ultimo e primo
di contagiare la materia inesausta
con la pervasività dell’incanto
proveniente da una gioia inconosciuta,
alta.
Stretti, infine,
in una somiglianza eterea
appartenente
ad una generazione illibata
di nascituri baci
per breviare i mondi
che custodiscono gli umani affanni
in cupole di pellegrinanti corpi,
oltrepassando
i nostri stessi pensieri
nemmeno fossero
nuvole di estasi e clamori
in un cielo principiato
nell’iride a ventaglio dell’alba.

(02/08/2023)