Io oggi faccio di te un’inquisizione
Illecito. Va. Grida all’uomo ciò che ha compiuto d’illecito, non frenare la corsa della tua lingua, lasciati spingere dal malessere col quale nutro il suo verme e riprendilo, ovunque egli si trovi. Tu, per me, lo interrogherai su ciò che è buono e su ciò che è malvagio ai miei occhi e ne frenerai l’impeto irragionevole, dai tratti istintivo, che lo accomuna alle bestie. Io oggi faccio di te un’inquisizione con la quale per conto mio, con equità, mostrerai quello che sarà il giudizio finale sulla sua perversa condotta, ammonendolo un’ultima volta affinché egli abbia una nuova possibilità per rimediare da se stesso, dal male che lo pervade. Non ti ascolterà. E ciò avverrà perché questo io desidero affinché gli sia dato, in quel giorno, da bere fiele e memoria fino alla feccia. E lui berrà, a pieno regime, disgustato di se stesso e si tormenterà poiché sarà roso dalla consapevolezza. Mi chiederà aiuto per i suoi figli, per le sue generazioni, ma non lo ascolterò. Può una madre dimenticare i propri figli venduti per l’avanzo di una cena, per una brocca di vino avariato e per la perversione del cuore nel desiderio di una notte? Il suo grido allora si farà ancora più funesto, inquieto e, preso dal male della rabbia, mi calunnierà ancora poiché la sua condotta passata sentirà pienamente vacillare sotto le sue stesse viscere. Guardati bene dal costringerlo alla lotta. Ma bada bene a non evitarlo, a ricusare il mio volere. In lui io combatterò lo spirito del male che lo sovrasta, che si è impossessato di lui e della sua generazione. Non avrò pietà, tuttavia, dell’uomo, poiché ha spalancato la porta del suo cuore e ha venduto per nulla la sua preziosa anima. Adesso va. Non frenare la corsa della tua lingua. Poiché io voglio nutrire il suo verme ovunque si trovi.
(10/10/2021)