La grande cerimonia



«Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni»

(Sal 126, 4-6)

Dio, Padre Onnipotente e Signore della storia, mi ha parlato in questi termini, in detto tempo. Sia vigile l’occhio e pronto l’orecchio all’ascolto di chi è preposto ad esser vigile e pronto. Per quanto concerne la bocca, presa come nel bacio di inarrestabili torrenti, chi potrà tacere?

Di quale colpa cultuale
ti sei macchiata.
Hai reso vano il progetto
che avanzavo con pazienza
per il tuo popolo.
Hai allevato grano
credendo fosse di razza superiore
dandolo in pasto
persino ai tuoi predoni.
In realtà era soltanto
una pezza degenerata di ideologia.
Opprimendo i campi
dalla semina distinta
vai violentando volentieri
le più dorate doglie
nel pianto acerbo dei covoni.
Mi appartengono quelle doglie,
asfissiate dal movimento delle spighe.
Il pane che oggi
la bocca tua maschera
è il veleno col quale
nutri e nutrirai
per un tempo ancora
il tuo popolo.
Dopo questo tempo
io manderò
i miei quattro cavalli
a devastare la tua terra.
Il primo vomiterà zolfo,
il secondo vomiterà fuoco,
il terzo, con i suoi zoccoli
di elettro rovente,
aprirà tutte le tue soglie
di faglia in faglia,
il quarto avrà il compito
di richiamare acqua e fango,
ovunque tu sia,
per bocca
dell’angelo delle nazioni.
Sarà un tempo
breve e moribondo
che avrà occhi e orecchi,
bocca e naso,
e nel suo volto
tu ti rispecchierai
e ne avrai terrore
quando vedrai spuntare
il corno della distruzione
sul suo deformante capo.
Allora piangerai
perché ti sei fatta sultana
quando non sei altro
che una prostituta
e le tue lacrime scioglieranno
il pianto acerbo dei covoni.
Avrai doglie
ma al tuo posto
partorirà il tempo
che ti incute terrore.
Infatti esso
ha dominio su di te
poiché ti è padre.
Gli sarà dato un altro tempo.
Un tempo maggiore,
le potenze saranno coinvolte
e gli elementi sconvolti.
Il tuo popolo
correrà verso la morte
prim’ ancora che essa
lo raggiunga,
per il terrore indescrivibile.
Quel tempo,
per il tuo popolo,
sarà abbreviato
perché, a consumato fuoco,
avrò pietà della pietà.
La tua terra
diventerà una steppa
dal doppio deserto.
Quando fuggirai
dai due tempi
comprenderai
che entrambi i deserti
sono il tuo rimorso fallito
nella tua perpetua condanna.
Adesso prosegui,
prosegui pure
con la tua asfissiata condotta
poiché io non permetterò
che tu possa cambiarla
così da redimerti
sulla steppa dai due volti.
No.
I tempi non resisteranno a lungo
ma vivranno per il loro regno,
un regno di zolfo e di stagno.
Il tuo popolo,
del quale hai reso vano
il progetto che ho portato avanti
con pazienza per esso,
ebbene è il mio eletto.
La tua terra,
e ascoltami bene,
avanzo di una maliarda,
non è mai stata tua.
Essa è frutto del mio seme
e tu l’hai resa sacrilega,
saccheggiando la vita
e bestemmiando l’uomo,
il figlio dell’uomo,
lo spirito santo e me, Dio,
il tuo Dio.
L’angelo delle nazioni, intanto,
per bocca mia
percuote l’aia e il frumento,
e chiunque
non mangerà di questo cibo
io stesso gli confonderò il pensiero,
gli invertirò le idee,
gli annacquerò le parole
e gli legherò la lingua.
Perché le bestie
riconoscono i loro padroni
e i padroni
non sanno più riconoscere
le loro bestie.
Ho allevato grano da sepoltura
ed oggi preparo la mia terra.
Sì, preparo la mia terra
per la grande cerimonia.

(29/09/2023)