La pietra, il germoglio e la vigna



Nell’anno ventiquattresimo della duemillesima età, al settimo giorno del quinto mese, alla dodicesima ora di una storia già scritta, la parola del Signore Dio è scesa su di me in questi termini:

Perché invocate
il nome del Signore
nel giorno del bisogno
e proseguite,
in tutti gli altri,
col mettere in atto
le opere del padre vostro,
il demonio?
Sì, è vero.
Si abita come si vive:
tutti sotto uno stesso cielo.
Ma quest’ultimo
sta diventando
per molti
la pietra d’inciampo,
la bilancia non falsificabile
per intere generazioni.
Non sapete
che da quella stessa pietra
il Signore ruggirà
facendo crollare
le fondamenta dei monti più alti?
Un bambino la pascerà,
quando ormai le greggi
dai rinsecchiti capi
ammanteranno le valli
prese in pegno
dai mercenari e dai briganti
col sangue innocente
di molti popoli.
Sarà un germoglio
già levato in aria
a guidarla
come un pascolo ubertoso
alla eterna vita.
Chi potrà tacerlo?
Molti perderanno la voce
dinanzi a lui
e si batteranno il petto,
si batteranno il petto
per il Signore.
E da quella pietra
gli uomini
vedranno compiere prodigi,
come mai
se ne sono visti prima.

Ascoltate ora, voi che abitate e vivete sotto il cielo, perché così parla il Signore:

C’era una vigna.
Bella, piena di frutto,
e gli arbusti e le rose
la tenevano salda.
Venne il giorno
in cui due contadini
se la contesero.
E subito cominciarono
a bruciare le rose,
a spezzare gli arbusti
e la vigna,
carica di morte,
perse ogni suo frutto.
Ecco.
La vigna era la mia diletta.
Essa è stata calpestata
con atroce violenza
dinanzi agli occhi
di molti altri contadini
che anziché
promuovere pace per essa,
hanno contribuito
alla sua distruzione,
condannandola ad una fine
ancora più orrenda.
I tralci ormai
non sono buoni
più a nulla.
Io sono il proprietario
di quella vigna, il padrone,
e sono anche l’agricoltore.
Avete aizzato un fuoco
e nello stesso fuoco brucerete,
come le rose, come i tralci,
in mezzo agli arbusti,
tra il legno verde e il legno secco.
Mi costruirò una vigna
ancora più bella,
piena di rose e di arbusti,
e il suo frutto
non avrà mai fine.
Legherò alla vite
una moltitudine di tralci
che renderò immortali
e li chiamerò popolo mio,
così come della vigna
ovunque si saprà
che è la mia amata.
Per quanto riguarda voi,
contadini mercenari e briganti,
la vostra gloria terrena,
i vostri infami delitti
con tutti i vostri atti criminali
già sono sui piatti
della mia bilancia.
Essa si chiama equa,
giustizia di Dio,
e giudizio per le nazioni.
La pascerà
come una pietra
il mio germoglio
e da quella pietra
udrete tutti la mia voce
e per la terrificante paura
nessuno si scandalizzerà
dinanzi alla propria condanna,
al suo imputridito futuro.
Sì, è vero.
Si abita come si vive:
tutti sotto uno stesso cielo.
Ma sono in tanti
ad aver dimenticato
che pure si vive come si abita.
E quel cielo è mio.

(07/05/2024)