Al debole arrecate il danno maggiore, al giusto la condanna più infame, vivendo nella convinzione più acerba di essere invincibili, i soli e veri potenti. Convinzione, questa, degna di frutti malati profanati dai semi della perversione. La vostra condotta corruttibile mi rende disgustosa la vostra legge, la vostra esistenza, il vostro luogo futuro nel quale io stesso ho preparato l’ansietà infinita del fuoco. Come se io dimenticassi le lacrime dei miei figli, le loro preghiere. Stolti. Stolti e, nella anima che prova ribrezzo per voi, mentecatti. Sì, perché io ho desiderato che ogni essere umano fosse provvisto di una sola corazza, martello a tre teste atto a scardinare le necessarie scalinature rugginite della coscienza. Oh se voi sapeste quanto desidero quelle preziose lacrime e quanto, quanto mi sono gradite quelle innocenti preghiere. Sono stanco e la mia stessa stanchezza, moltiplicata pianti e preghiere, sto per infliggerla nelle vostre benestanti case, nei vostri intoccabili palazzi, nelle vostre indomabili teste, vissute da tarlati pensieri e idee senza concetto. Perché sappiate nel vostro sapere iniquo dell’unico vero sapere, quello che io solo ho creato e che tutto mi appartiene, ecco che io aprirò tra di voi le stesse menti che partoriranno come delle magre vacche nel dolore, nella solitudine, tra scoperchiate stalle sotto un cielo chiuso perfino alla ciclicità naturale delle stagioni, serrato su mio comando alla luce fredda di ogni stella. Farò di voi, ecco, oggetto di scherno dei popoli, di scambio tra le nazioni, sarete chiamati in giudizio dai vostri figli e non i deboli, non i giusti alzeranno contro di voi la destra poiché andrete col pensiero ancor più putrefatto a mostrarvi al mondo. In quel tempo si dirà: ecco l’opera del Signore. Una meraviglia ai nostri occhi. Rallegriamoci ed esultiamo. L’opera del Signore.
(02/02/2022)